Tempi duri per i cosiddetti “leoni da tastiera”
FASANO – Non esiste libertà di diffamare e offendere. Un cosiddetto “hater”, o “leone da tastiera”, è stato condannato dal Tribunale di Brindisi, in persona del Giudice Unico Giuseppe Lanzillotta, con l’accusa di diffamazione aggravata a mezzo stampa. Si tratta di un 49enne fasanese che, nel febbraio del 2017, offese pubblicamente un giornalista locale, con affermazioni anche sessiste. L’uomo è stato così condannato al pagamento di 600 euro di multa, alle spese legali, mentre il risarcimento nei confronti del professionista fasanese sarà stabilito dal giudice del Tribunale civile, in base alle richieste che saranno avanzate dall’avvocato difensore Giuseppe Palazzo.
In un momento storico come questo, con il tam tam mediatico scatenato dalla discussione ed eventualmente dall’approvazione al Senato del Ddl Zan, la condanna dei confronti dell’haters fasanese assume una fondamentale importanza. Il 49enne, approfittando di una discussione nata sul profilo Facebook di un suo amico, apostrofò il giornalista fasanese, con offese anche di natura sessista. È particolare questa vicenda perché il professionista fu tirato in ballo dal “leone da tastiera” senza alcun motivo, mentre sulla bacheca di una terza persona si parlava della sconfitta in quel giorno della squadra di calcio del Fasano sul campo del Molfetta. Il 49enne, probabilmente, leggendo l’articolo di cronaca della partita a cura del giornalista, lo offese sulla bacheca del suo amico, pensando forse di non essere scoperto.
Il professionista fasanese denunciò fin da subito il suo hater; in prima istanza, il pubblico ministero chiese l’archiviazione della querela, richiesta respinta dal gip di Brindisi, Stefania De Angelis su opposizione del legale del giornalista. È iniziata così una discussione durata quasi quattro anni, con l’ascolto anche della testimonianza di alcuni utenti che avevano letto quel commento offensivo. La vicenda è stata anche confermata dal 49enne fasanese che ha ammesso di esser stato l’autore delle offese in quel post di Facebook. Come ha anche ammesso di non aver mai avuto altri screzi col giornalista e che quel tipo di confronto offensivo non si era mai registrato in passato, aggravando così la sua posizione.
Al termine della discussione, quindi, il pubblico ministero ha sostenuto in pieno la linea dell’avvocato Giuseppe Palazzo (non nuovo a successi in battaglie legali per offese fatte sui social), chiedendo la condanna a quattro mesi di reclusione. La difesa del giornalista fasanese ha messo in evidenza il danno di immagine subito dal professionista, chiedendo anche un risarcimento in denaro sul quale il giudice Lanzillotta ha preferito far decidere la somma al tribunale civile.
Ora bisogna attendere 90 giorni per conoscere le motivazioni della sentenza di condanna.
Tempi duri, insomma, per i cosiddetti “leoni da tastiera”. E chi invoca la “libertà di espressione del pensiero”, tutelata dalla Costituzione per giustificare ingiurie lasciate contro politici, giornalisti, attori, cantanti o cittadini comuni, farebbe bene a fare memoria di questa sentenza emessa qualche giorno fa dal Tribunale di Brindisi.