I titolari delle attività di bar e ristorazione chiedono azioni forti sia a livello locale che nazionale. «Il plexiglass? Non scherziamo…»
FASANO – Bar e ristoranti dovrebbero essere gli ultimi a poter riaprire, e per ora la data fissata è quella del primo giugno. Ciò che è certo è che si riparte dal servizio di asporto per tornare alla normale attività in seguito e solo potendo accogliere clienti nel rispetto del distanziamento minimo (per i tavoli si prevedono distanze di almeno due metri). Andranno riviste drasticamente al ribasso, dunque, le capienze dei locali.
Ma cosa ne pensano alcuni titolari di attività del settore di Fasano? Lo abbiamo chiesto ad alcuni di loro, dislocati su tutto il territorio comunale, dal mare alla collina, e ciò che emerge è uno stato di sconcerto diffuso e di grande difficoltà nel poter riaprire. Tutti sono dell’avviso che se il primo giugno fosse domani, nessuno riaprirebbe o lo farebbe per consumo a domicilio o d’asporto. I ristoratori fasanesi chiedono l’abbattimento di almeno il 50% dei costi, la cancellazione della tassa sul suolo pubblico e la cancellazione di un’eventuale idea di inserire barriere in plexiglass sui tavoli (quest’ultima, tra l’altro, del tutto inutile).
TOMMASO ZACHEO (Pop 84 Food Club) – «Se fosse domani il primo giugno, non riaprirei la mia attività. In questo momento credo che non ci siano le condizioni per farlo, tantomeno credo che economicamente non convenga. I costi sarebbero al 100% e le entrate al 50%, questo perché lo Stato vuole una diminuzione dei tavoli per via del distanziamento sociale. Il nostro settore sarà il più penalizzato alla fine e io, personalmente, come i miei colleghi ci siamo scocciati. Ora dobbiamo attendere il nuovo decreto del Governo Conte: dobbiamo puntare alle prenotazioni dei tavoli online e stazionare nei locali non più di novanta minuti, anche per dare a tutti la possibilità di sedersi, aspetti fondamentali per la ripartenza. Ma chiediamo anche al sindaco Francesco Zaccaria di non farci pagare l’utilizzo del suo pubblico per cercare di inserire all’esterno qualche tavolo in più e rientrare così nelle spese. Vorrei inoltre dire che non vedo utile e logico l’utilizzo dei pannelli in plexiglass sui tavoli e poi mi chiedo: il primo giugno pagheremo ugualmente i contributi Inps?».
DANILO D’ALESSANDRO (Pizzeria Ca’ pummarola ‘ncoppa) – «Sono amareggiato, per me questo non sarebbe lavorare in tranquillità. Credo che se le linee che il Governo di cui si parla vengano approvate, il mio locale non potrà più prevedere tavoli per mangiare la pizza, lavorerò solo per asporto e a domicilio. Ci sarebbero troppe limitazioni e la gente avrebbe anche la fobia di mangiare in un locale piccolo come il mio. Non riuscirei a controllare tutto, il mio lavoro verrebbe penalizzato e quindi eliminerò i tavoli e chi vorrà la mia pizza napoletana potrà acquistarla e portarla via o farsela consegnare da noi a casa. Come potrei stare fuori a controllare il giusto distanziamento sociale e al tempo stesso preparare le pizze? Ora sto lavorando con l’asporto e questo mi garantisce la copertura delle spese, non posso permettermi di spegnere la macchina, ma sono molto amareggiato».
MARCO COFANO (La baia) – «Credo che per il mio punto di vendita di panino col polpo il problema sia relativo, essendo la mia una attività all’aperto a Torre Canne. Ma penso ai miei colleghi, il 90% di loro avrà seri problemi per la riapertura. Io godo di un ottimo spazio all’aperto e posso aumentare il distanziamento tra tavoli senza problemi e già dal 4 maggio credo potrò riprendere la mia attività decennale, ovviamente vietando la consumazione al tavolo. Questione plexiglass? È una stupidaggine perché dovremmo mettere barriere anche per quei tavoli occupati da nuclei familiari che vivono 24 ore al giorno insieme: sarebbe un costo inutile. Credo che il distanziamento sociale sia l’unica strada percorribile, insieme alla concessione gratuita quest’anno del suolo pubblico. Penso, inoltre, che sarebbe stata una scelta ottimale da parte dello Stato garantire un contributo a fondo perduto del 50% degli incassi annuali, anziché concedere un prestito di 25mila euro: così le aziende si indebiterebbero ancora di più. Infine, spero che l’Amministrazione comunale possa prolungare al 2033 le concessioni demaniali affinché ci diano la possibilità di fare investimenti a lungo termine per rendere più funzionali le nostre aree. Si parla tanto di destagionalizzazione, ma non siamo capaci di metterla in atto».
MARIA NEGLIE (Ristorante “Il veliero”) – «C’è mancanza di chiarezza ad oggi, poche direttive. L’unica cosa che oggi sappiamo è che dobbiamo garantire un maggiore distanziamento sociale, allargando la distanza tra i tavoli. Sono preoccupata per la ripartenza, tanti dubbi e interrogativi. Sono d’accorto per il distanziamento, ma sono contro l’utilizzo dei plexiglass sui tavoli. Che senso ha mettere queste barriere tra i componenti di uno stesso nucleo familiare o tra amici che sicuramente verrebbero al ristorante nella stessa auto? Sarebbe solo una spesa economica inutile e, se così fosse, ad esempio al ristorante non ci andrei più. In questo momento, se dovessimo riaprire domani, non riuscirei a coprire le spese della nostra attività, registro perdite anche del 70%. Già a normale regime, pareggio il bilancio. Certo, se dovessi decide di riaprire, lo farei solo per dare continuità alla mia attività decennale e per dare la possibilità di lavoro ai miei dipendenti, ma andrei sicuramente a perdere. Spero che l’Amministrazione comunale venga incontro, riducendo le tasse per esempio di spazzatura. Se fosse domani il primo giugno, di sicuro non riaprirei subito perché registro anche una totale cancellazione di cresime e comunioni, mia principale fonte di sostentamento».
GIUSEPPE RUGGIERI (Osteria da Smnìdd) – «Credo di essere tra i locali più piccoli del territorio e, quindi, quello che potrà avere maggiori problemi per la riapertura. Il Governo ci ha dato l’ok per fare asporto di cibo, ma questo non ci garantisce la copertura delle spese. Non ci conviene neanche pensare di trasferirci in un locale più grande perché non sappiamo se la gente vorrà frequentare i ristoranti, a questo aggiungiamo anche l’azzeramento del flusso turistico, fondamentale per i nostri introiti estivi. Il mio menù, che punta a prodotti prettamente pugliesi, potrebbe essere anche preparato in casa e quindi non so in quanti verrebbero a mangiare nella mia osteria, non credo neanche sia fattibile pensare ad una modifica del mio menù. A sto punto preferisco restare chiuso e aspettare tempi migliori, anche perché le spese sono davvero eccessive per una attività aperta solo un anno fa. Ci sto pensando notte e giorno come poter ripartire, ma non è facile trovare una soluzione. Non sappiamo neanche come e se il Comune di Fasano ci aiuterà. Di certo sono dell’avviso che anche noi potremmo partire il 4 maggio come tutte le altre attività: quanto è diverso il rischio di contagio in un locale di abbigliamento, per esempio? Se fosse domani il primo giugno, non riaprirei».
MARIA DI BARI (Osteria “del Porto”) – «C’è tantissima confusione ad oggi, le notizie sono frammentarie, non sappiamo quali saranno le regole, quali le responsabilità degli imprenditori, quali saranno i costi della sanificazione e dei dispositivi di protezione. Di sicuro, non è concepibile pensare alla sistemazione di pannelli in plexiglass sui tavoli, ma condivido il distanziamento sociale. Certo, se dovessimo portare a due metri la distanza tra i tavoli sarebbe un vero problema. Capisco la tutela della salute, ma credo che questa distanza è eccessiva, ci porterà anche ad una riduzione dei coperti e quindi degli introiti per pagare tutte le spese. Spero che il Governo ci riveli quanto prima il decreto, abbiamo bisogno di capire se e come riaprire. Se fosse domani il primo giugno, non riaprirei subito, c’è bisogno di fare molte valutazioni, a cominciare ad esempio dal mancato introito dell’indotto turismo, azzerato praticamente per tutta la stagione estiva. E poi la gente tornerebbe nei ristoranti?».
DONATO PISTOLA (Caffè Bella Napoli) – «La situazione è drammatica, credo che la pandemia economica avrà inizio il primo giugno. Ad oggi non sappiamo come dovremo comportarci, come organizzarci, cosa fare per la sicurezza dei dipendenti e dei clienti. Ad esempio, nel bagno del mio locale accede tantissima gente, come posso pensare ad una sanificazione continua? La nostra sarà una responsabilità troppo grande, considerando che ad oggi non abbiamo una terapia che cura questo virus, neanche un vaccino. Sto pensando all’acquisto di un termometro per la misurazione della temperatura dei clienti, dell’apparecchio che libera ozono, bisognerà compilare un registro Haccp per la sanificazione. La vera battaglia inizierà il primo giugno. E mi chiedo, come mai ci vengono chieste queste accortezze, quando per esempio supermercati, farmacie, macellerie non sono tenute ad osservarle a tutt’oggi? Sarei più favorevole all’uso del monouso, molto più sicuro. E poi la gente sarà disponibile ancora a venire al bar, a prendersi un caffè al tavolo? E gli aiuti dello Stato, quelli seri, quando?»,
CARLO COLELLA (Ristorante “Sapore di mare”) – «La situazione attuale è davvero problematica. Per ora si parla di solo servizio d’asporto e francamente per me sarebbe impossibile coprire le spese economiche. Ho davvero paura della ripartenza con questi limiti, partendo già dal fatto che sarei fortemente contrario alla sistemazione di pannelli in plexiglass sui tavoli. Riaprire avrebbe già dei costi pesantissimi, a cominciare dall’igienizzazione del locale e dall’acquisto dei dispositivi di protezione per i dipendenti, per non parlare del costo degli affitti e delle bollette. Lo Stato poi non ci da una mano, sto aspettando ancora le 600 euro di bonus partite Iva. I nostri ristoranti potrebbero assumere le sembianze di un ospedale e la gente avrebbe paura ad avvicinarsi, nessuno di noi avrà la forza di ripartire. Sono davvero scettico sulla ripartenza, a sto punto liberi tutti e conviviamo con il virus. Anche perché non capisco perché per fruttivendoli, pescherie e attività del genere non ci sono controlli così ferrei (eppure vedo code di gente all’esterno dei locali a chiacchierare) e per noi paletti infiniti. Stanno facendo arricchire alcune categorie e a noi ci stanno facendo morire di fame. No alla ripartenza a queste condizioni».
Anch’io aderisco all’iniziativa Royal bar