
Le parole di Don Donato Lioi
FASANO – Riceviamo e pubblichiamo questo comunicato di Don Donato Lioi dell’Opera Don Guanella, in merito al ricordo di Don Sante Perna, scomparso il 15 ottobre 1949.
“Le radici ci parlano dell’albero. Così è anche per le persone. Sono le origini a dirci chi sono: dove sono nati, i bambini che sono stati, i giochi che hanno fatto, i sogni che hanno coltivato. E quello che alla fine diventeranno. Vediamo allora chi il nostro don Sante.
Sante Perna (1879-1949), uno dei nove figli di Antonia Guarini e di Ignazio, apprese dal padre l’arte e la passione dell’arte muraria e, dalla cazzuola, passò allo scalpello e ai pennelli, interessandosi di architettura, disegno, musica, pittura e decorazione.
A ventitré anni fu ordinato sacerdote e nominato cappellano di Cocolicchio, dove si adoperò subito per la costruzione della nuova Chiesa, nella quale restò per trent’anni. Nominato parroco della chiesa di Sant’Antonio abate, la ristrutturò ampliandone la superficie.
Fu un grande eroe della carità e anche l’apostolo evangelico che va a trovare gli ultimi, gli abbandonati, i dimenticati della società, portando loro il messaggio della speranza e qualcosa da mangiare che, a sua volta, riceveva da alcuni parrocchiani, che si ricordavano di lui. Ma la sua debolezza erano i bambini, che spesso vedeva malandati, disordinati, affamati e pieni di piaghe. Quando un moribondo gli raccomandò i suoi figli, don Sante ideò la costruzione di un grande orfanotrofio, sentendo impellente la vocazione di essere ‘l’aiuto dell’orfano’.
Nel 1932, acquistato un terreno in contrada Matarano, mise la prima pietra della Casa Orfani del Sacro Cuore, una grande struttura da lui stesso progettata che, due anni dopo, accolse i primi quattordici orfani.
Il 10 luglio del 1934 fu nominato parroco della chiesa di sant’Antonio a Fasano e, non potendo più da solo accudire tanti fanciulli, dopo tante peripezie, scritti e domande, il 25 maggio 1937, con apposito atto, fece dono della Casa Orfani all’Opera Don Guanella.
Dal 1934 ad oggi il ‘Sacro Cuore’ ha aperto le sue porte a più di 6.500 ragazzi offrendo la sua opera educativo-assistenziale. Nel 1994 sono stati festeggiati i 60 anni di vita dell’Istituto Sacro Cuore dell’Opera Don Guanella, conosciuto tutt’oggi in paese come il ‘Don Sante’.
La voce del popolo è voce di Dio; e la voce del popolo fasanese ha sempre considerato santo il piccolo prete concittadino. Nel 1952 infatti, a tre anni dalla sua morte, la sua salma fu trasportata dal cimitero all’Istituto, dove tuttora riposa in un sarcofago marmoreo, nella chiesetta da lui costruita e abbellita con la tela del Sacro Cuore di Gesù. Nello stesso Istituto restano riservate due stanzette, che contengono oggetti, perlopiù sacri, utilizzati da lui; in direzione campeggia una sua foto e un quadro ad olio della pittrice Dina Mosca.
Nel 1999 viene dedicato a lui il largo a lato di via Egnazia, con una lapide che contiene queste parole: ‘Largo Don Sante Perna, nel 50° anniversario della morte del benefattore, fondatore dell’Istituto Sacro Cuore, la Città di Fasano ne serba inalterato il ricordo. Fasano, ottobre 1999’.
Qualche anno dopo viene eretta una statua in pietra, che raffigura don Sante che stringe a sé un ragazzo. È opera di tutta la cittadinanza, che ricorda e tramanda le opere virtuose di don Sante e ha voluto che essa fosse posta nel giardinetto che fiancheggia la parrocchia di Sant’Antonio, al centro del paese, perché ogni passante abbia la buona occasione di rivolgere a lui un sguardo devoto e riconoscente. Sul basamento della statua si leggono queste parole: ‘A Mons. Sante Perna Fondatore dell’Istituto del Sacro Cuore e di altre opere la famiglia guanelliana, gli ex allievi, gli amici, la cittadinanza fasanese in memoria posero. Fasano, 21 dicembre 2003’.
I Santi in Paradiso sono molto di più dei diecimila ufficialmente canonizzati e scritti nel Martirologio Romano; sono molto di più dei 144.000 segnati, descritti in un passo dell’Apocalisse. ‘Il loro numero è di miriadi di miriadi e di migliaia di migliaia e dicono a gran voce: Degno è l’Agnello di ricevere la potenza, le ricchezze, la sapienza, la forza, l’onore, la gloria e la benedizione’ (Ap 5,11s).
Tra i Santi, che rifulgono per l’esempio di vita evangelica e intercedono per noi presso Dio, per la comunità fasanese e per gli ex allievi del Sacro Cuore di Fasano, don Sante Perna resta il santo prete che stringe a sé ciascuno con affetto paterno. A Lui la nostra richiesta di intercessione e protezione.
Sui passi dei due maestri
Don Sante Perna fa da ponte tra Don Luigi Guanella e noi. Egli è per noi, come Don Guanella, un insigne modello nella generosità totale, nella capacità di farsi prossimo di chi è nel dolore, nella tenacia e nello spirito di sacrificio; un Uomo, immerso nella vita, nelle idee, nelle passioni, nelle azioni del suo tempo, che volle permeare tutta la sua esistenza di carità. Sentendo arrivare la sua ora, Don Sante chiamò i sacerdoti di Don Guanella per continuare la sua opera caritativa. Si rivolse agli specialisti della carità per affidare loro il suo ‘Sacro Cuore’. Questo Istituto, frutto dell’ispirazione divina nonché della benevolenza di don Sante, da subito trovò nei Servi della Carità una guida forte, sincera e paziente.
La Casa ‘Sacro Cuore’ non potrà mai dimenticare Don Guanella e Don Sante, non solo per dovere di riconoscenza e gratitudine, ma anche per meglio comprendere le origini di un’opera così importante. I due, infine, rappresentano il nostro impegno a proseguire la testimonianza di carità.
Le spoglie mortali di Don Sante riposano nella chiesa della Casa ‘Sacro Cuore’, una prossimità anche fisica che da un lato, comprova l’affetto che saldamente congiunse Lui ai Suoi orfani durante la vita terrena e dall’altro è di aiuto e conforto ai successori.
A noi, chiamati a sostituire don Sante e don Guanella in un campo già dissodato dal loro originario lavoro, nonché favoriti da un maggior numero di personale qualificato, il compito di approfondire, precisare, e dare compimento a quanto, ad ogni livello, da loro già avviato.
Nell’oggi di Chiesa che stiamo vivendo si vuole verificare se oltre i fondatori ci possano essere altri preti, altri religiosi oppure se il testimone può passare ai laici. Dalla riflessione emerge con sufficiente chiarezza che ‘oltre’ non ci saranno gli uni o gli altri, bensì si rappresenterà l’incontro di due vocazioni: quella dei consacrati e quella dei laici. È la valorizzazione dello specifico di ciascuno che permette la costruzione di una realtà di accoglienza ricca di molte complementarità tra le quali quella centrale tra religiosi e laici che consente di andare oltre il fondatore.
Diventa sempre più importante lavorare in una realtà di accoglienza sentendosi dentro un servizio in continua evoluzione. Questo significa pensare la fondazione come un inizio al quale guardare senza sudditanza, ma piuttosto come la spinta iniziale di un qualcosa che si mantiene in cambiamento e che occorre contribuire a spingere oltre. La fondazione non può essere l’unico atto creativo di un’esperienza e il tempo non può avvolgersi intorno a se stesso. Serve mantenere una tensione di fondazione, alimentare un processo di aderenza ai nuovi bisogni che guardi avanti piuttosto che indietro, all’innovazione piuttosto che alla conservazione.
Il rischio di ritrovarsi ‘orfani’ quando il fondatore non c’è più, sussiste nella misura in cui tutto dipende da lui, è riferito a lui, è centrato su di lui. Se una realtà di accoglienza si radica nel territorio saranno le persone e le istituzioni a farsi carico della responsabilità di non perdere un’opportunità di benessere per tutti. Anche questa prospettiva disegna un movimento da una persona ad un ambiente di vita, da un servizio ad una rete di relazioni. La maturità di una risposta di accoglienza è nell’integrazione e nella sinergia con le altre realtà presenti nello stesso territorio.
A livello personale un atteggiamento di Don Sante mi ha sempre colpito nel leggere il suo diario spirituale. Questo valeva ieri e vale anche oggi. È il testimone che ci ha lasciato a me e a voi, cari Fasanesi.
Le sue parole:’… nascondevo sotto la vecchia zimarra (la veste talare) il pane per i poveri per non offendere la dignità altrui’.
Don Sante ha bisogno di smantellare il ‘si è sempre fatto così’, di mettere da parte l’usato, per offrire il nuovo, nelle cose, nei pensieri e negli atteggiamenti. In campagna da bambino sentivo ripetere spesso che gli avanzi si danno ai maiali! Ai fratelli si dona almeno quello che piacerebbe anche a noi! Il povero grida, il Signore lo ascolta…facciamolo anche noi!
Don Sante ha risposto a questo grido non pensando solo ad buon pasto da consumare ma ha pensato ad una Casa temporanea, il tempo necessario, il Sacro Cuore, dove realizzare in pieno il suo sogno: accoglienza, scuola, falegnameria, calzoleria, attivazione di laboratori artistici, musicali, teatrali, alla cura della persona, piccola tipografia, coltivazione di ortaggi per uso famigliare, pulizie domestiche, integrazione con il territorio.
Noi Guanelliani dal 1937 e voi Fasanesi, Operatori, Ex Allievi, Amici e Benefattori, ne siamo i custodi di questo testamento.
Fino ad oggi, grazie alla partecipazione di tutti, è stato un continuo laboratorio educativo sempre con un …Oltre i Fondatori, i due Maestri: don Sante Perna e San Luigi Guanella.
Don donato Lioi”







