In scena ieri il secondo appuntamento in concorso della rassegna teatrale organizzata dal GAT Peppino Mancini
FASANO – “Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”. Una frase che pronuncia Tancredi nel Gattopardo, e che ben si adatta a quanto visto ieri sera (28 ottobre) sul palco del Teatro Sociale.
È andato infatti in scena, nell’ambito del XIV Festival “Di Scena a Fasano” organizzato dal GAT Peppino Mancini, lo spettacolo “Ferdinando” della compagnia napoletana de “I soliti ignoti”.
Il terzo spettacolo (secondo in concorso) della rassegna teatrale, sullo sfondo dell’inesorabile ascesa del Regno d’Italia, pone al centro chi non si rassegna alla caduta del Regno delle Due Sicilie. Siamo nella Napoli del 1870, l’estate è ormai agli sgoccioli e con essa la speranza di recuperare gli antichi fasti del regno borbonico. Vecchie famiglie nobili cadono e nuove famiglie borghesi si prendono la scena.
Protagonista della prima fazione Donna Clotilde (Patrizia Pozzi), fiera napoletana sdegnata per lo straniero invasore, costretta in un letto che sembra una prigione. A darle conforto la cugina Gesualda (Roberta Amoroso), tanto presente quanto bugiarda, finta zitella e carne nelle mani di Don Catello (Antonello Gargiulo). Le strade dei comprimari non sono di certo lastricate di buone intenzioni, posto che la zia in fin di vita (all’apparenza) non sa farsi amare.
A stravolgere lo stantio della cameretta la lettera del notaio Trinchera, che indica in Donna Clotilde la parente più prossima del giovane e ingenuo Ferdinando (Massimo Ardito), il nipote che porta con sé dubbi e verità sopite.
Lo sfondo non cambia, i personaggi sì, ma non si è del tutto certi di questo fino all’ultimo: Donna Clotilde trasforma la situazione a suo vantaggio, cattura il cuore del giovane Ferdinando e sembra tornare a nuova vita nel giro di pochi mesi; Gesualda si fa più cupa, nella torbida relazione col Curato che nasconde segreti proibiti. Ferdinando, infine, tiene sotto scacco con i modi e con l’aspetto tutti quanti, fa capire loro che il tutto è solo un’illusione, nonostante il fiero ammonimento della signora di casa: “Chi nun tene passato…nun tene manco futuro”.
La regia di Guglielmo Marino, per lo spettacolo di Annibale Rucello reso in passato immortale dall’interpretazione di Isa Danieli, ci porta in un mondo che sembra correre così veloce – i cambi d’abito lo testimoniano – da non riuscire ad afferrarlo. Da segnalare l’interpretazione della Pozzi, abile matrona che con feroce goliardia sa intrattenere lo spettatore fino all’ultimo colpo di scena. L’utilizzo della lingua napoletana riesce infine a dare un’impronta forte alla storia, per uno spettacolo che certamente lascia il segno in questo Festival.
Il prossimo appuntamento, secondo in concorso, sarà “Diecigiugnoventiquattro”, con la regia di Giancarlo Loffarelli, che andrà in scena sabato 4 novembre alle ore 21:00.
Fotoservizio di Francesco Schiavone.