Il pianista brasiliano si è esibito nel secondo appuntamento della rassegna al Minareto in esclusiva nazionale
La musica si può persino guardare, quando si esibiscono artisti che sanno renderla un’esperienza totalizzante che coinvolge il corpo. Vitor Araújo, seduto al suo pianoforte durante il secondo appuntamento della rassegna Bari in Jazz al Minareto, era elettrico: muoveva le gambe, piegava la testa e con le mani faceva suonare ogni parte del pianoforte, dai tasti alle corde.
Araújo è un pianista prodigio: classe 1989 nato in Brasile, sceglie il piano a nove anni per poi vincere nel 2005 un concorso nazionale come miglior pianista e miglior interprete della musica brasiliana. Sentirlo suonare, infatti , è un esercizio ipnotico che guida a una prospettiva verticale: Vitor Araújo è sul palco con gli occhi chiusi, la sua tecnica virtuosistica gli permette una resistenza che è indice della sua caratura artistica e rapisce lo spettatore, convinto dalla platea di assistere a un miracolo alieno. La performance di Araújo è un elogio alla aristocrazia della musica, grazie alla sua potenza che accompagna una tecnica eccellente.
Vitor Araújo racconta il Brasile contemporaneo, affidandosi anche a riletture dei grandi compositori Villa-Lobos e Tom Jobim. Non vuole suonare solo le atmosfere della tradizione e lasciarsi guidare dalle strade già battute e di successo, intende piuttosto rivisitarle con l’elettronica e il minimalismo.
Interessante una versione di “Moon river” di Henry Mancini e Johnny Mercer ansiogena, vista la scelta di rumori metallici di sottofondo, ma capace di imporre ugualmente la sua delicatezza. D’altronde è proprio questa commistione tra le due attitudini sonore a determinare la cifra stilistica di Vitor Araújo.
Il prossimo appuntamento con Bari in Jazz al Minareto è questa sera con Mirko Signorile e Giovanna Carone (Farlibe Duo) ft. Daniele Sepe.