Un’inchiesta della nostra testata sulla situazione in città. Crollano ristorazione e abbigliamento, salgono le attività che hanno investito sul commercio online
FASANO – In tempo di pandemia, anche la data dei saldi invernali cambia. Anziché partire, come ogni anno, ieri (5 gennaio), l’inizio è fissato per domani (7 gennaio). Questo perché fino ad oggi, in tutta Italia, vige la zona rossa disposta dal Governo nazionale per contenere l’emergenza Covid. “La data del termine resta confermata quella del 28 febbraio, come stabilito dal regolamento regionale”, spiega in una nota la Regione Puglia. In discussione c’era anche la proposta di far partire i saldi a fine gennaio, ma con tutti i problemi che ci potrebbero essere a causa di una terza ondata e di possibili chiusure, si è deciso di confermare la partenza all’inizio di gennaio.
I saldi, in un’annata che ha messo in ginocchio anche il commercio, potrebbero rappresentare una boccata d’ossigeno per le attività economiche. «Non è stato un periodo natalizio strepitoso – afferma Donato Pistola, commissario della delegazione cittadina di Confcommercio –, i guadagni non sono andati benissimo, si è lavoricchiato. Purtroppo la confusione sui colori delle giornate (giallo, arancione e rossa, ndr) ha inciso parecchio sulle decisioni degli acquirenti e non ci sono stati molti weekend liberi prima di Natale per effettuare gli acquisti. L’iniziativa “Compriamo a Fasano” ha avuto un buon successo, anche se avevo altre idee che volevo portare avanti, ma i nostri commercianti credo abbiano bisogno di essere presi per mano e guidati. E questo è ciò che mi propongo di fare per il 2021, altrimenti sarà un’altra annata come quella appena passata».
E sui saldi: «Questo è il momento del riscatto per i negozi di abbigliamento – riprende Pistola – perché sono quelli, insieme al reparto ristorazione, bar e gelaterie, ad aver risentito maggiormente di questa crisi pandemica. Se negli altri anni, il 24 dicembre c’era anche chi organizzava aperitivi nei propri negozi per agevolare gli acquirenti, quest’anno durante la vigilia di Natale tutti i negozi di abbigliamento sono stati costretti a restare chiusi. Chi non ha invece risentito della crisi economica credo siano i supermercati, alimentari, fruttivendoli, macellerie e cose simili, perché la gente, stando in casa, ha consumato molto di più».
Donato Pistola, titolare del “Caffè Bella Napoli”, afferma che «rispetto al 2019, nel 2020 ho perso un terzo del fatturato. Abbiamo lavorato solo sei mesi su 12 totali; devo anche dire che ci sono miei colleghi che hanno perso anche il 50% rispetto al 2019. Con l’avvento del vaccino anti-Covid spero che si abbassi il contagio e che si possa tornare pian piano alla vita quasi normale. In questo periodo di saldi – prosegue – bisogna avere molta prudenza, rispettare le norme e contenere la pandemia. La gente potrà quindi uscire tranquillamente a spendere, dando una boccata di ossigeno al settore. Lo Stato ci sta dando una mano con i ristori economici, ma abbiamo bisogno di lavorare».
Tra i settori duramente colpiti dai vari decreti per allentare l’emergenza sanitaria c’è quello della ristorazione. I Dpcm hanno permesso alle attività di lavorare, durante le giornate in zona gialla, a pranzo, mentre in zona arancione e rossa solo con asporto e domicilio. Molti hanno preferito tenere le saracinesche abbassate per tutto il periodo, come nel caso della “Locanda di Martumè”. «Personalmente – afferma il titolare Vito Nardelli – ho preferito chiudere dal 24 ottobre, aprire a pranzo non ne valeva la pena. Il mio ristorante ha pochi posti a sedere e non era sempre detto che avrei avuto gente a pranzo, era un’incognita. Gli unici giorni in cui avevo qualche prenotazione in più erano il sabato e la domenica, ma i costi superavano di gran lunga le entrate. So anche di altri ristoratori, con molti più posti a sedere, che hanno preferito restare chiusi. Dopo il 15 gennaio, se ci sarà permesso, torneremo ad aprire a pranzo, almeno nel weekend, anche se la voglia non è tanta. I ristori del Governo per fortuna sono arrivati, ma devo dire che rispetto al fatturato perso, sono quasi nulla».
Chi ha risentito in parte del momentaccio economico mondiale è stato il settore e-commerce. A Fasano portabandiera è la profumeria Ditano. «Oggettivamente – afferma il titolare Luigi Ditano – i negozi hanno risentito di questo momento di grande incertezza e paura dovuta al Covid. Personalmente, la mia attività, conosciuta ormai a livello nazionale, ha sì avuto un contraccolpo nel punto vendita fisico, ma le vendite digitali ci hanno permesso di compensare le perdite. La gente non ha paura di spendere, ha invece paura di uscire di casa e di avere contatto con altre persone potenzialmente portatori del virus. Gli acquisti ci sono stati ugualmente, si ha voglia di spendere e la riprova sono gli incrementi avuti per le vendite online. È comunque inutile nascondere che il fascino del negozio c’è sempre e ci auguriamo che il 2021 sia un anno di rinascita dei punti fisici e noi faremo di tutto per far riavvicinare la gente, anche se temo che per i saldi si risentirà tantissimo della grande confusione sui colori delle regioni».
Chi è stato praticamente sempre chiuso, in questo periodo, è TessilCofano. «Il nostro – afferma Franceschino Cofano – è stato praticamente chiuso durante i giorni di zona rossa e le perdite si aggirano intorno al 35/40%. Nei giorni di apertura, invece, sono stati fatti pochi acquisti e la gente ha colta l’occasione, quest’anno, per abolire l’usanza dei regalini, nascondendosi dietro al: “Tanto non ci si può incontrare”». Cosi come Luigi Ditano, anche il titolare di TessilCofano è dell’idea che «la gente non ha paura di spendere, ma di andare in giro per negozi sì. Noi abbiamo risentito molto del grande momento di incertezza della stragrande maggioranza del lavoratore medio, dello stagionale insomma, che non sa quando tornerà ad avere uno stipendio sicuro».
Come sosteneva, invece, Donato Pistola, uno dei settori che ha risentito pesantemente di questa situazione è quello dell’abbigliamento. «Questo periodo di feste natalizie peggio di così non poteva andare – affermano le titolari di “Echò” –, un disastro. La gente non esce di casa, non spende. I piccoli regali non hanno risollevato la nostra situazione, ci mancano gli introiti degli acquisti che normalmente vengono fatti per le cerimonie. Il nostro personale in cassa integrazione da due mesi, queste aperture per singoli giorni non servono a nulla, solo ad aumentare le spese. Meglio sarebbe stato se avessimo lavorato sabato 2, domenica 3 e lunedì 4 gennaio. E siamo certe che neanche i saldi invoglieranno la gente a fare acquisti, non la vogliono neanche gratis. Abbiamo già sperimentato, in questi giorni, alcune iniziative di scontistica, ma non sono andate granché bene».
La gente non acquista perché non sa quando utilizzare i nuovi capi di abbigliamento. «Il settore moda ha un limite – spiegano – perché durante i saldi la merce viene comprata a metà del suo prezzo originale e il capitale da noi investito un anno fa, quando non si parlava ancora di Covid, va praticamente perso. Noi dallo Stato non abbiamo avuto nessun ristoro autunnale, i nostri codici Ateco non erano inseriti nei decreti. Qualcosina solo a marzo e ad aprile, null’altro. La situazione è catastrofica, abbiamo perso il 50% del fatturato rispetto al 2019. Ora speriamo in questi saldi, anche se c’è grande confusione sui colori delle regioni. La nostra speranza è verso la primavera-estate con la ripresa delle cerimonie, ma non abbiamo nessuna certezza».
Della crisi pandemica ne ha risentito anche il settore delle riviste e dei libri. «Dettagliatamente – afferma Mimì Carparelli, dell’omonima libreria di corso Vittorio Emanuele – non riesco a quantificare la perdita rispetto al 2019, sono però certo che un calo di acquisti c’è stato. La chiusura della vigilia di Natale ha pesato tantissimo sulla mia attività perché in molti hanno rinunciato a fare i soliti regalini. Il settore dei giornali è ormai in calo da anni con l’avvento dell’online, ma in questo 2020 ho risentito tantissimo delle chiusure imposte dall’emergenza sanitaria. A questo aggiungiamo – conclude Carparelli – che mi è mancata la fetta di fasanesi, che ogni anno rientrano da fuori regione, che fanno acquisti nella mia libreria».
Chi non ha registrato cali di fatturato è la Gioielleria Abete. «Per noi è stata un’annata davvero straordinaria per le vendite – afferma il titolare Massimo Abete – perché il nostro settore, attrezzatosi bene, non ha risentito della crisi economica per la pandemia. Nonostante avessi ingressi nel negozio contingentati, all’esterno si creavano anche lunghe file e questo mi rende molto orgoglioso. Il 2020 è stata un’ottima annata, eccezion fatta per i tre mesi primaverili di chiusura dovuta al lockdown, ma quelle perdite le abbiamo comunque recuperate. Ci è mancato lavorare nel giorno della vigilia di Natale, ma i nostri acquirenti sono venuti in negozio nei giorni precedenti e poi fin dopo Capodanno. Insomma – conclude Abete – posso ritenermi soddisfatto, ma il mio stato d’animo non cancella il magone per tutti gli amici dei settori maggiormente colpiti e per tutti i dipendenti rimasti a casa senza lavoro».