La nota del consigliere comunale
FASANO – Anche Vito Bianchi, consigliere comunale del Movimento inComune, esprime il proprio pensiero riguardo l’emergenza Coronavirus e come Fasano la sta affrontando.
“Da pochi giorni, mio malgrado, per l’emergenza sanitaria mi sono convertito a Whatsapp. E, fra i primi messaggi che mi son sentito in dovere di inviare, come cittadino e consigliere comunale, ce n’era uno recapitato al sindaco di Fasano, Francesco Zaccaria, il 9 aprile scorso – scrive Vito Bianchi – Gli scrivevo le seguenti parole: ‘Credo che dobbiamo cominciare a pensare alla fase-due dell’emergenza coronavirus che, in un territorio vasto e articolato come il nostro, richiede una gestione calibrata e particolare. Ritengo che, in tal senso, sia decisivo mettere sul tappeto un necessario pluralismo di apporti, volti a cercare le migliori soluzioni per il nostro Comune, e pertanto vorrei chiederti se non sia il caso, proprio per trovare il giusto assetto della fase-due, di usufruire del contributo di tutti i gruppi politici rappresentati in assise consiliare attraverso i loro capigruppo. Sono certo che il tuo difficile lavoro ne trarrebbe giovamento. A presto, dunque’.
Mi sarei aspettato, come consigliere comunale, una risposta – prosegue Bianchi – Che non è mai giunta. Sicché mi vedo costretto ad affidare alla stampa alcune considerazioni sulla gestione del problema Covid-19. Una gestione che, al punto in cui siamo, non può più essere condotta con scelte autocratiche e atteggiamenti da sceriffo, ma va sapientemente congegnata anche tramite una pluralità democratica, atta a indirizzare la ripresa economica e l’organizzazione sociale della cittadinanza. L’intelligenza e la lungimiranza amministrativa impongono di pensare al nostro contesto nella sua specificità: una specificità che non può essere omologata al resto del mondo, né può dipendere dalla schizofrenia di certe decisioni partorite a livello centrale. Una per tutte: nell’ultimo DPCM si consente la riapertura di diversi esercizi commerciali, come negozi di fotografia, librerie o altri, ma al contempo resta invariato l’obbligo di restare a casa, con la possibilità di spostarsi solo per comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero per motivi di salute. Quale avventore rischierà la sanzione per recarsi dal fotografo o dal libraio, se i loro non sono considerati, per decreto, servizi urgenti e necessari? Se un cittadino viene fermato dalla polizia, e confessa di essersi mosso per andare dal fotografo, potrà evitare di essere sanzionato? Forse no, forse sì. Temiamo che il regolamento lasci adito a discrezionalità, confusione ed equivoci.
Oppure, si è mai pensato che nelle prescrizioni governative i bambini contino meno dei cani? Gli animali possono infatti godere liberamente di passeggiate quotidiane, mentre i più piccoli possono uscire solo per recarsi, con un solo genitore, al supermercato (secondo la precisazione del premier Giuseppe Conte). Ai bambini, al loro benessere psico-fisico, alla necessità che essi hanno di muoversi almeno un po’ o prendere un raggio di sole, dopo cinquanta giorni di clausura, non ci sta pensando nessuno. Ci si è accorti di simili storture? Senza dire, poi, del decongestionamento che sarebbe realizzabile consentendo (invece di impedirlo) lo spostamento dei nuclei familiari nelle seconde case, spesso situate in collina: e la storia della grande Peste Nera del 1348 insegna proprio che diluire la popolazione in campagna, lungi da alimentare il morbo, costituiva un rimedio più che ragionevole al contagio. E’ più contagiosa una famiglia che vive in autonomia all’aria aperta o un condominio di dodici famiglie tutte insieme? Queste, e altre valutazioni, dovrebbero essere messe al centro della discussione politica e delle decisioni da adottare per il nostro territorio, che fra l’altro ha la fortuna di essere stato toccato relativamente poco dal coronavirus.
Non si può procrastinare lo stallo. Per cui, pur adottando tutte le precauzioni del caso, bisogna garantire la ripartenza a quelle attività che, nel frattempo, non sono ancora morte. E il sindaco, lungi dal tenere tutto chiuso e fermo, ha il dovere di pensare a quello che verrà, ha il dovere di immaginare il rilancio dei settori che innervano il sistema economico del comprensorio, incluso il settore del turismo. Abbiamo un’occasione, quella di propagandare che Fasano è sostanzialmente “Covid-free”, è zona sicura, quasi per nulla toccata dal coronavirus: una zona dove, con le debite accortezze, impostando nuovi meccanismi di fruizione, è possibile vivere la vacanza in sicurezza. Ci si è mai pensato? La virulenza dell’epidemia ribaltata a vantaggio di un territorio: questo potrebbe favorire una ripresa di quel movimento turistico su cui si regge buona parte dell’economia locale. Ma occorre lavorarci da subito, occorre ragionare di concerto, guardando agli strumenti più idonei per rimodulare stili di vita e offerta territoriale. Il governo ha messo assemblato, per la fase-due dell’emergenza, una task-force. Ritengo sia oggi importante crearne anche nel nostro Comune. Altrimenti, la comunità fasanese è avviata al peggio. C’è gente che rischia di non mangiare più. Che rischia di essere fisicamente più debole e, quindi, più vulnerabile allo stesso virus. Qui da noi sussiste un’economia fatta in buona parte di precari fragilissimi. Cosa faranno: moriranno di fame? Ruberanno? E i seicento euro famosi, se e quando arriveranno dal governo, certo non risolveranno granché, come non hanno risolto alcunché i buoni-spesa, distribuiti e già consumati.
E’ tutto questo che bisogna considerare, per far ripartire la nostra città. Non è più il tempo degli sceriffi. E’ il momento di trovare soluzioni condivise da ritagliare intelligentemente sullo specifico profilo socio-economico di Fasano. E non da soli, ma col contributo di tutte le forze in campo. Soltanto così potremo avere una speranza di salvarci e risollevarci”.