Ieri sera nuovo appuntamento della stagione di prosa con lo spettacolo proposto dalla compagnia pugliese Factory Transadriatica
FASANO – Misurarsi con “Il Misantropo” di Molière significa maneggiare una commedia contemporanea, provando a risolvere il paradossale anacronismo in modo credibile. Ieri sera la compagnia pugliese Factory Transadriatica ha portato in scena al Teatro Kennedy, nell’ambito del cartellone della stagione di prosa proposta dal Teatro Pubblico Pugliese e dal Comune di Fasano, una versione fedele all’originale nella scelta dei costumi e della scenografia, ma sconnessa nel registro linguistico che ora rispettava il gergo del tempo, ora si faceva assolutamente moderno: l’utilizzo anche di parolacce non ha solleticato di certo il bigottismo del pubblico, però è risultato stridente rispetto al contesto, o perlomeno non omogeneo rispetto alle atmosfere ricreate.
L’adattamento di Francesco Niccolini per la regia di Tonio De Nitto ha un ritmo sostenuto nella prima parte dello spettacolo, per poi farsi più appesantito sul finale risultando però in linea rispetto all’idea di decadenza della società che viene fuori dalla denuncia del protagonista Alceste. Il microcosmo di Molière di allora è sovrapponibile al nostro di oggi alimentato dal bifrontismo e dall’opportunismo che inaridiscono i rapporti, minandone l’autenticità. Non ci si può fidare in amore, così come in amicizia: il protagonista si mantiene sincero per tutta la durata della commedia, difende la sua lealtà come un eroe romantico, ma non c’è un lieto fine a premiarlo.
È destinato al fallimento per non aver ceduto agli atteggiamenti lusinghieri e finti, il suo essere vero a ogni costo gli costerà l’isolamento e la solitudine. O più semplicemente la consapevolezza di non appertenere a quel tempo. E quindi nemmeno al nostro, vista l’universalità dell’opera di Molière che sa farci guardare allo specchio mostrandoci i difetti a cui non sappiamo rinunciare. E la scenografia dello spettacolo è stata abile in questo, perché un grande specchio al centro del palco traduceva le riflessioni più intime dei personaggi lasciandoli al tempo stesso liberi di guardare la loro immagine speculare.
La scena è stata alleggerita da momenti musicali, a mo di musical, e da alcune proposte che, nonostante la loro natura a tratti kitsch (come la scelta del brano neomelodico “Voglio fa ammore dint’a macchina” di Franco Staco messa a punto da Acaste, interpretato dal fasanese Fabio Tinella), sono state in realtà funzionali a rivelare la vera natura dei protagonisti che viene soffocata dalla necessità di apparire amabili e in buoni rapporti con tutti. Questi momenti di evasione sono stati quindi finestre per caratterizzare meglio i personaggi, finalmente autentici nei propri attimi di libertà.
Il prossimo appuntamento con la stagione di prosa è con “Un tram che si chiama desiderio”, regia di Pier Luigi Pizzi, il prossimo 20 febbraio al Teatro Kennedy.
Fotoservizio a cura di Mario Rosato.