
In scena ieri il quinto appuntamento della XIII edizione del Festival
FASANO – Qual è il senso della vita? Chi cerca risposta non l’ha neanche trovata con “Le sedie”, il quinto appuntamento del XIII Festival “Di scena a Fasano”, andato in scena ieri sera (lunedì 28 novembre) grazie alla regia di Gherardo Coltri e agli attori della Compagnia Teatro Impiria di Verona.
Eugene Ionesco, drammaturgo rumeno, creatore di quella che lui stesso definisce una “farsa tragica” e intelligente interprete del Teatro dell’assurdo, sembra liquidare il proprio dramma con tre parole: “assenza, vacuità e nulla”.
La scena si apre con due anziani coniugi che, al termine delle proprie vite, circondati dalle onde che si infrangono sulla loro isola, iniziano a meditare su chi sono stati, su chi sarebbero potuti essere e diventare. I discorsi si fanno centrali, ripetizioni ed espressioni di poche sillabe diventano quasi protagoniste, sebbene il più delle volte il significato sfugga.
Presi dalla frenesia di un imminente incontro pubblico, il vecchio e la vecchia iniziano a sistemare sul palco alcune sedie per accogliere i propri ospiti, appartenenti ai più svariati ceti di ogni ordine ed estrazione sociale, dall’operaio all’imperatore. Non manca nessuno, tutti sono protagonisti eppure tutti sono assenti. Su quelle sedie non c’è nessuno, sebbene i due attori siano bravi nel descrivere i tratti fisici e caratteriali degli invitati, fra note grottesche e ironiche.
Non mancano i rimorsi per un figlio mancato e per la propria vita, che è finita per essere terribilmente vuota e drammatica, priva di quello sfarzo e di quel linguaggio con cui vogliono ingannare il pubblico. Quest’ultimo assiste inerme al compimento dell’assurdo quando persino l’oracolo, colui che avrebbe dovuto svelare – per conto dei due vecchi – quale fosse il significato di tutto, biascica frasi incomprensibili.
La pièce non ha una logica nei dialoghi e nei balli sfrenati dei due protagonisti, non c’è un compimento delle azioni, persino l’azione finale resta in sospeso, in balia di onde che metaforicamente rappresentano il turbinio di una vita che, in fondo, un senso sembra non avercelo.
Prossimo ed ultimo appuntamento con “A ritmo di un ciak”, in programma come spettacolo fuori concorso durante la serata di premiazione di domenica 4 dicembre.
Fotoservizio di Francesco Schiavone.










