
Il Gup ha riconosciuto la donna colpevole di essersi impossessata di 375 mila euro
FASANO – Si è conclusa con la condanna della ex economa comunale la vicenda che tanto scalpore aveva destato, a livello cittadino, nel 2014 quando i competenti uffici comunali, a seguito della segnalazione dei revisori dei conti dopo la quale partì un esposto-denuncia alla Procura della Repubblica, riscontrarono un ingente ammanco nelle casse comunali.
La ex economa – una fasanese di 65 anni che ha chiesto e ottenuto di essere giudicata con rito abbreviato e questo le ha dato la possibilità di beneficiare di un considerevole sconto di pena – è stata condannata a quattro anni e quattro mesi di reclusione.
Il Giudice della udienza preliminare, Giuseppe Biondi, ha riconosciuto la donna colpevole di essersi impossessata, con il sistema delle fatture pagate due volte, di 375mila euro, soldi dell’ente locale.
L’ex economa è stata anche condannata a risarcire al Comune il danno di immagine che l’ente ha patito a causa delle sua condotta. Il Gup ha stabilito una provvisionale, immediatamente esecutiva, che ha quantificato in 30mila euro, e ha disposto la confisca del profitto del reato, “pari alla complessiva somma di 377mila euro, anche per equivalente, ove non possibile in via diretta”. Infine, il gup ha dichiarato la 65enne fasanese interdetta in perpetuo dai pubblici uffici.
Nel 2014 a seguito della segnalazione dei revisori dei conti e della apertura della indagine, le Fiamme gialle accertarono che “l’indagata nel periodo dal 2005 al 2014, precostituendo la documentazione utile per simulare il pagamento di numerose fatture relative a prestazioni di servizi/cessioni di beni, in realtà già onorate dal Comune di Fasano, abbia sottratto, in ragione della propria qualifica di economo comunale ed in ripetute occasioni, somme dalle Casse dell’Ente Pubblico per un totale di oltre 375.000 euro”.
Nel settembre 2014, poi, arrivò il licenziamento per la ex economa.
A novembre 2015 la Guardia di Finanza eseguì un sequestro preventivo per equivalente di un’abitazione a Fasano, un’autovettura e un conto corrente bancario per un valore pari al profitto del peculato.
A gennaio del 2016, inoltre, la questione arrivò all’attenzione anche della Corte dei Conti, che fece notificare all’ex economa comunale un decreto di sequestro conservativo dei beni per un valore pari all’ammontare del danno.
Nel frattempo il Commissario straordinario del Comune di Fasano, Erminia Cicoria, aveva stabilito che l’Ente comunale si sarebbe costituito parte civile nel processo a carico della ex dipendente comunale.
La Corte dei Conti della Puglia nel gennaio 2017 aveva condannato l’ex economa del Comune di Fasano a risarcire le casse comunali di 388.291,27mila euro e al pagamento delle spese del giudizio che, sino al deposito della sentenza, si liquidavano in € 1.774,47.
Il 1° marzo 2017 il Comune aveva invitato e diffidato l’ex economa al pagamento della somma riveniente dalla sentenza. Invito e diffida che non avevano trovato alcun riscontro, per cui il Comune aveva deciso di porre in essere ogni azione giudiziaria ed esecutiva ai fini del recupero della somma di € 388.291,27, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria, e spese processuali.
La giunta comunale di Fasano aveva, poi, dato mandato nel marzo 2017 all’avvocatura comunale di avviare ogni azione giudiziaria per il recupero della somma oggetto dell’ammanco perpetrato dall’ex economa comunale ai danni delle casse municipali.
Intanto anche il processo penale è andato avanti e si è concluso con la condanna della donna a quattro anni e quattro mesi di reclusione, alla interdizione in perpetuo dai pubblici uffici e al risarcimento del danno di immagine patito dal Comune, stabilendo una provvisionale, immediatamente esecutiva, che ha quantificato in 30mila euro, e ha disposto la confisca del profitto del reato, “pari alla complessiva somma di 377mila euro, anche per equivalente, ove non possibile in via diretta”.
“Licenziata – scrive il gup nella sentenza – senza preavviso, ma all’esito di un puntuale procedimento disciplinare a suo carico nel corso del quale avrebbe potuto adeguatamente esporre eventuali ragioni a proprio discarico, la posizione dell’imputata risulta già ben delineata anche in sede penale, essendo palese la sussistenza di pacifici elementi di prova a suo carico in ordine ai reati di cui al capo di imputazione. D’altra parte – aggiunge il giudice – neppure la difesa contesta ciò, ma chiede di verificare la correttezza della qualificazione giuridica attribuita ai fatti”.