L’artista romano, dopo la partecipazione a Sanremo con “Abbi cura di me”, torna in teatro con la sua idea di felicità
Ci sono voluti sei anni per il ritorno in musica di Simone Cristicchi. Sul palco del Teatro Ariston ha presentato la canzone “Abbi cura di me” che, nonostante il quinto posto, lo ha reso un vincitore nella classifica degli ascolti di questa edizione del Festival di Sanremo. Durante la sua assenza dalla scena musicale si è dedicato al teatro, dimostrando un gusto raffinato e doti da interprete certamente convincenti. Pensiamo per esempio allo spettacolo “Magazzino 18”, un musical del 2014 con cui ha raccontato il dramma delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata, scritto con il giornalista Jan Barnas: è stata una performance trasformata, dopo ogni replica, in un vero e proprio fenomeno culturale italiano per l’originalità del contenuto e la sua forza scenica.
Ed è per questo che la nuova prova di Simone Cristicchi in “Manuale di volo per uomo” con la regia di Antonio Calenda, che ha portato ieri sul palco del Kennedy nell’ambito della stagione di prosa del Teatro Pubblico Pugliese e del Comune di Fasano, mette in difficoltà lo spettatore per le aspettative alte dopo Magazzino 18. Cristicchi è solo su un palco senza scenografia. È una scelta per esaltare la solitudine e l’essenziale. Questa attenzione alle piccole cose è il centro del racconto della vita di un uomo che guarda tutto ciò che lo circonda con meraviglia, come fosse la prima volta. Raffaello ha il dono di ingrandire quello che guarda, lo passa in rassegna e non ne perde nemmeno un dettaglio. Qualcuno lo crede pazzo, ma poco importa quando riesci ad andare in profondità, rivelando anche le fragilità che ci affrettiamo a nascondere.
Il testo di “Manuale di volo per uomo” è un po’ debole, si riconosce il Cristicchi di “Ti regalerò una rosa” e dell’attenzione agli ultimi, e per ottanta minuti di monologo riusciamo a riflettere sulla nostra idea di felicità, perché forse corriamo troppo per farci caso. Lo spettacolo si è concluso con una sorta di ricongiungimento di Cristicchi personaggio (Raffaello) e Cristicchi persona, in una considerazione dell’artista romano che è stata una chiave di lettura della serata: il dolore è una stanza chiusa e bianca, noi possiamo girarci intorno o trovare una via di uscita per esplodere nei colori che raccontano chi siamo.
È evidente il lavoro comunicativo di Cristicchi, che ritroviamo sia a teatro che nel suo nuovo album: si tratta di una corsa alla narrazione di fatti positivi che possano vincere la lamentela e i cattivi esempi. La ricerca artistica di Simone Cristicchi trova quindi piena espressione nella frase della sua ultima canzone, che ha interpretato a fine spettacolo, «la vita è l’unico miracolo a cui non puoi non credere». E “Manuale di volo per uomo”, al di là dei paragoni e delle aspettative, è un antidoto al disincanto.