La nostra intervista a Giacomo Cofano, marito di Viviana Delego, che ci ha raccontato i particolari intrecciati di una vicenda tutta da chiarire
FASANO – La storia di Viviana, la mamma fasanese deceduta al Perrino di Brindisi lo scorso 22 dicembre dopo aver dato alla luce due gemelli, ha profondamente colpito l’intera comunità e ha distrutto i sogni e le speranze di una intera famiglia. È una di quelle storie difficili da accettare soprattutto quando, a distanza di oltre tre mesi da quanto accaduto, cominciano ad emergere dettagli che potrebbero svelare una nuova versione dei fatti. Una versione sconosciuta, quella versione per la quale adesso Giacomo Cofano, marito di Viviana, chiede giustizia. E la chiede ad ogni costo, anche se si aprisse una lunga battaglia giudiziaria. Si dice pronto ad affrontarla, senza alcuna paura. Deve farlo per lui, per Viviana e soprattutto per dover dare risposte ai suoi figli.
Partiamo dall’inizio. Vi è mai stato comunicato che quella di tua moglie fosse una gravidanza a rischio?
Se dobbiamo partire dall’inizio vorrei cominciare dal principio. Abbiamo già una figlia di sei anni di nome Emma e mai e poi mai abbiamo pensato che sarebbe rimasta figlia unica. E dopo un inizio di seconda gravidanza spontanea terminata all’ 11 settimana non c’era altra strada che la procreazione medicalmente assistita (PMA– FIVET). E dopo varie consulenze ci rechiamo alla Santa Maria di Bari dove iniziamo il nostro percorso. Il primo tentativo nel febbraio 2022 non va a buon fine e con tutta la forza psicologica ed economica che ci rimaneva, decidiamo di effettuare un secondo tentativo tra aprile e maggio 2022. Questa volta la bella notizia. Il trattamento è andato a buon fine e il 23 maggio 2022 l’ulteriore bella notizia: due sacche, due gemelli. In data 7 giugno 2022, dopo aver ascoltato i due battiti fetali per la prima volta, lasciamo il centro e affidiamo il percorso della nostra gravidanza al nostro ginecologo. Rispondendo nello specifico alla domanda preciso che dal centro PMA Santa Maria non hanno mai parlato di gravidanza a rischio. È stato il nostro ginecologo a metterci subito in allerta dicendoci che si sarebbe trattato di una gravidanza a rischio in quanto gemellare e per via anche dell’età anagrafica di mia moglie (40 anni, ndr). Infatti, il 17 giugno 2022 il medico redige un certificato di gravidanza a rischio fino a termine della gravidanza stessa.
Per preparare il parto avevate scelto l’ospedale Miulli di Acquaviva. Quando sono cominciati i primi problemi?
La questione della scelta del Miulli è nata dopo un’attenta analisi dei valori della glicemia di Viviana intorno al settimo mese. Il ginecologo, ci consigliò il Miulli in quanto la già menzionata struttura era attrezzata con il reparto UTIN (Unità di Terapia Intensiva Neonatale). Abbiamo effettuato una prima visita dalla ginecologa del Miulli alla 30esima settimana gestazionale di Viviana e cioè in data 11 novembre 2022. La visita fu una regolare visita ginecologica, ci furono prescritti gli esami da fare per il periodo con particolare attenzione all’andamento della glicemia. A questo punto vediamo nuovamente la ginecologa per la seconda volta, in data 7 dicembre 2022 alle ore 11.30. In quell’occasione, al termine della visita, ci fu comunicato che avremmo dovuto fissare la data del parto cesareo presumibilmente il 27 ed il 28 dicembre 2022. La data certa ci sarebbe stata comunicata direttamente dall’ospedale Miulli. Ma questa comunicazione non è mai avvenuta. Torniamo a casa e alle ore 17 circa, dopo aver riscontrato delle abbondanti perdite ematiche, ci dirigiamo al pronto soccorso del Miulli. All’arrivo al pronto soccorso, senza nessuna attesa, Viviana viene portata immediatamente al pronto soccorso ostetrico e dopo la visita i medici decidono di ricoverare Viviana. Non posso raccontare quello che stava succedendo in termini tecnici perché non sono un medico ma sostanzialmente il problema era che i gemelli erano pronti a nascere ma non era il momento. I medici temevano che i due feti avrebbero potuto avere dei polmoni non del tutto formati. Quindi hanno optato per una cura per evitare che tutto questo succedesse. Il ricovero al Miulli è durato fino al 10 dicembre 2022. Voglio precisare che alle dimissioni nessuno ci ha dato indicazioni sulla conferma della data del cesareo e non ci hanno comunicato nemmeno se sarebbe stato opportuno iniziare a fare dei tracciati, in quanto durante il ricovero erano state avvertite delle contrazioni. I problemi non sono terminati con il rientro a casa. Infatti, Viviana aggiornava in continuazione la ginecologa sulla sua condizione fisica, dell’eccessivo gonfiore di gambe e piedi, dolore ai reni e di perdite di sangue dal naso, pancia dura e prurito alla pancia stessa. Arriviamo al 13 dicembre 2022, Viviana avvisa la dottoressa mettendola al corrente che durante la notte ha avuto delle perdite marroni e dei dolori come se avesse il ciclo. Le perdite a volte erano come muchi marroni e altre più intense. La dottoressa risponde di andare al pronto soccorso (del Miulli, ndr). Dalla visita del pronto soccorso risulta essere tutto ok e ci mandano a casa. Finisce qui il nostro rapporto con il Miulli e siamo arrivati a quel maledetto 17 dicembre 2022.
Credi che ci siano dunque state negligenze da parte del personale medico dell’ospedale Miulli? Avevate chiesto altri pareri?
Non sono un medico né un ginecologo, ma ritengo e posso presumere che una donna in stato di gravidanza a rischio doveva essere trattata come tale. Viviana era quasi al termine e visivamente molto stanca, quindi mi chiedo il perché non si poteva essere più scrupolosi nel pensare che forse nelle condizioni in cui versava Viviana il 13 dicembre 2022 non sarebbe stato meglio trattenerla in ospedale. Voglio ricordare che il Miulli è ad un’ora e mezzo dal nostro domicilio e tra l’altro la strada per raggiungere l’ospedale la conosciamo tutti. Perché non tenere conto anche di questa cosa? Ma come potevamo essere tranquilli a casa in quelle condizioni?
Veniamo al 17 dicembre, il giorno in cui sono nati i gemellini. Cos’è successo quella mattina e soprattutto perché si è reso necessario l’intervento del 118?
Questa è la domanda più difficile a cui rispondere perché il ricordo di quello che è successo è ancora troppo vivo e anche perché parte dei problemi sono iniziati proprio da casa. Andiamo per ordine. Premetto che la giornata del 16 dicembre è stata una giornata normalissima e tranquillissima. In tarda serata, dopo aver messo al letto nostra figlia Emma, siamo rimasti ancora sul divano per vedere un film, ma poi ci siamo addormentati. Alle ore 2.45 del 17 dicembre si rompono le acque. Rimaniamo calmi in quanto sapevamo cosa fare (avevamo l’esperienza della gravidanza di Emma. Anche in quella circostanza si ruppero le acque a casa). Avvisiamo la dottoressa per messaggio e nel giro di qualche minuto, 4 per la precisione, cambia tutto. Viviana perde conoscenza. Nel tentativo di evitare che si strozzasse con la lingua chiamo alle 2.49 il 118 che prontamente arriva. A questo punto Viviana riprende coscienza ma rimane parecchio frastornata. A stento riusciva a rispondere ai paramedici. Senza esitare minimamente e dopo aver controllato i parametri fondamentali (che erano nella norma) si parte per raggiungere il “Perrino” di Brindisi. Arriviamo al pronto soccorso dopo appena 25 minuti. Si sale direttamente in ostetricia dove sottopongono Viviana ad una prima visita. Sento un urlo di mia moglie mentre la stanno visitando e quella è stata l’ultima volta che ho visto e sentito Viviana. Alle 5 del mattino circa, arrivano le cullette con Emilia e Edoardo e mi rassereno nel pensare che finalmente fossero nati. Ma passano le ore e nessuno mi dice di Viviana. Alle 7.30 circa i dottori di turno quella notte mi comunicano che Viviana è ancora in sala operatoria a trasfondere sangue a causa di una gravissima emorragia post-partum cesareo. Le sue condizioni sono drammatiche e rischia la vita. A quel punto mi crolla il mondo e il mio pensiero va subito a mia figlia Emma. Chiamo mio suocero che attendeva in macchina per comunicargli il tutto. Raggiungiamo il blocco operatorio per ricevere maggiori informazioni. Non ricordo l’orario preciso quando i medici che avevano operato Viviana ci hanno chiamato per comunicarci nel dettaglio il quadro clinico dopo l’intervento. Eclampsia, CID (Coagulazione intravascolare disseminata) in paziente scoagulata, rimozione totale dell’apparato riproduttivo, distacco di placenta. Ascoltavo quello che mi dicevano ma ad un certo punto ricordo come se ci fosse dell’ovatta sulle mie orecchie e non riuscivo più a sentire ma vedevo solo il movimento delle labbra dei medici che continuavano a comunicarci la situazione. Volevo solo vedere Viviana ma questo non era possibile. Solo in un secondo momento comprendo che in realtà Viviana aveva subito due interventi. Ci dicono di tornare a casa, Viviana è stata trasferita in rianimazione. Alle 2.30 del 19 dicembre squilla il telefono. Era la rianimazione. Dovevo recarmi immediatamente a Brindisi perché le condizioni di Viviana si erano ulteriormente aggravate ed era molto probabile che non avrebbe superato la nottata. I giorni a seguire sono stati tentativi su tentativi, da parte della rianimazione, per cercare di salvare Viviana ma così non è stato.
Viviana è venuta a mancare il 22 dicembre. Quello stesso giorno decidi di prendere carta e penna e di ringraziare tutto il personale sanitario del reparto di Rianimazione dell’ospedale “Perrino” di Brindisi.
Nei giorni successivi alla tragedia ci sono state persone che mi hanno chiesto come mai non avessi provveduto a fare qualcosa. Non sapevo rispondere perché la prima cosa da fare a cui ho pensato nell’esatto momento in cui mi hanno comunicato che Viviana era deceduta (ero già in ospedale nel reparto UTIN) è stato di correre da Emma, prenderla da scuola e portarla al McDonald. Ed è esattamente quello che ho fatto. E nel pomeriggio del 22 dicembre con tutta la forza che mi rimaneva e con un coraggio che non so da dove sia arrivato, ho fatto la cosa più importante e delicata che andava fatta: ho detto ad Emma che la sua mamma era diventata il nostro angelo custode. Immaginatevi su una montagna russa, la più grande e paurosa del mondo, ci salite sopra e questa non si ferma mai. Ecco come mi sono sentito e come continuo a sentirmi tutt’oggi. Ma la responsabilità di un genitore, di un padre, prevede anche questo. Nella notte del 22 dicembre quando tutto si è calmato ed il silenzio cominciava ad essere assordante ho deciso di scrivere due lettere indirizzate al reparto di Rianimazione la prima e al reparto UTIN la seconda. L’ho fatto perché in quei stramaledetti giorni ho anche conosciuto delle persone che ho paragonato a degli angeli custodi in carne ed ossa. La rabbia non è riuscita a prendere il sopravvento in quei momenti ma ha vinto sempre l’amore. Perché è questo che ho visto nei loro occhi quando si prendevano cura di Viviana e dei gemellini. Era chiaro che non c’era tanto da fare se non sperare e pregare e loro lo hanno fatto con me. Hanno pianto con me e continuano ad essermi vicino anche oggi.
Qualche settimana fa è venuta fuori una relazione precisa su alcune circostanze avvenute durante il parto. Si parlerebbe addirittura dell’assenza del primario e del suo vice. Stando a quanto diffuso dalla stampa il ginecologo, secondo la relazione, avrebbe chiesto l’intervento di un chirurgo (non presente durante il parto) per gestire una situazione complessa. Sapevi di questa vicenda?
Stavo facendo un percorso interiore per raggiungere una serenità e pace in me stesso necessaria per andare avanti nella maniera più lucida possibile. Ero sulla strada giusta ma quando ho letto questa notizia mi si è riaperta quella ferita che sarà difficile ricucire. Non vi nascondo che dopo l’accaduto ho sempre avuto delle perplessità sulla storia clinica della gravidanza di Viviana. Ed avrei sicuramente chiesto chiarimenti. Ora leggo questa notizia di cui ne ero completamente all’ oscuro e quindi la decisione di non aspettare più. Ho necessità di fare chiarezza, di mettere tutti i tasselli al posto giusto, e capire se tutto è andato per il verso giusto o c’è stata qualche falla dall’inizio della gravidanza fino al giorno del decesso. A questo punto non voglio escludere nulla. Naturalmente non posso pensare di fare tutto da solo. Procederò quindi con una denuncia o esposto e con i miei avvocati arriveremo a scoprire tutto quello che è successo. È una cosa che devo fare per andare avanti, lo devo ai miei figli, lo devo a Viviana. Ho fatto una promessa ad Emma che quando sarebbe diventata grande avrebbe saputo quello che è successo alla sua mamma e le promesse vanno mantenute.
Qualche settimana fa hai scritto sui canali social che molti giornalisti hanno riportato notizie incomplete ed errate. Noi ti stiamo dando la possibilità di dire tutto e di farlo in maniera precisa. Quali sono state le falsità raccontate?
Mi da tremendamente fastidio leggere tutti quegli articoli che riportano delle frasi o dei titoli virgolettati come se fossero mie parole o miei pensieri. Mi fa sorridere vedere come, senza conoscere nessuna verità, si giudica, si accusa, si emettono sentenze contro chiunque. Sono una persona che ama le cose giuste e quindi se mai ci sarà stata qualche ombra in questa tragedia, se c’è stata qualche verità nascosta allora saranno gli organi competenti a sentenziarlo. Perché ho deciso di raccontare tutto a voi? Perché siete prima persone che giornalisti. Mi avete chiesto come sto, come stanno i bambini e il voler raccontarvi tutto è venuto in un secondo momento.
Qualche settimana fa la Regione, come ha comunicato l’assessore Rocco Palese, ha inviato gli ispettori al “Perrino” di Brindisi per far luce sulla vicenda. Sappiamo inoltre che hai presentato formale denuncia per quanto accaduto.
È esattamente così. Credo che sia arrivato il momento di mettere chiarezza su tutto. Mi sono preoccupato, nelle scorse settimane, di fascicolare tutta la documentazione in mio possesso e di deporre formale denuncia ai carabinieri e alla procura.
Potrebbe aprirsi una lunga battaglia se i magistrati riterranno di celebrare un processo sulla vicenda.
Ed io sarò pronto a combatterla, fin quando non mi diranno esattamente cosa è successo e soprattutto se tutto è stato fatto seguendo le procedure e i protocolli corretti.
Oggi hai la sensazione che le cose sarebbero potute andare diversamente. Qual è stata la scintilla che ha fatto maturare questa convinzione?
Sinceramente ho sempre pensato che le cose sarebbero potute andare diversamente. La mia costante lucidità ha fatto maturare questa convinzione. Alla fine, potrei anche sbagliarmi ed anche in quel caso me ne farei una ragione. Continuo a chiedermi del perché non si sua valutato di trattenere Viviana in ospedale quel 13 dicembre invece che mandarla a casa. Era stanca mia moglie e lo si vedeva lontano un miglio che faticava anche a parlare. “In generale, quando messe a confronto con quelle ottenute spontaneamente, le gravidanze da fecondazione assistita presentano un aumentato rischio di ipertensione gestazionale, eclampsia e preeclampsia, diabete gestazionale, placenta previa, distacco di placenta, placenta accreta, parto pretermine, distocia, taglio cesareo ed emorragia post-partum. Ed è da notare che le curve riguardanti i rischi ostetrici dimostrano un aumento degli stessi all’avanzare dell’età materna, in particolare nelle donne oltre i 35 anni” (fonte: generalifeitalia.it, altri medici ginecologici di mia conoscenza). Perché tutto questo non deve essere fatto presente alle coppie che decidono di intraprendere la strada della fecondazione assistita? Nella nostra personale esperienza queste importantissime informazioni ci sono state omesse. La cartella clinica di Viviana dopo il decesso elenca, uno per uno, tutte le patologie pocanzi menzionate. Non voglio paragonare le due cose ma quando in passato, ho affiancato istruttori subacquei nel fare corsi di subacquea ricreativa, la prima lezione che si impartiva ai futuri allievi era quella di far visionare un video che mostrava tutti i rischi legati a questa attività ricreativa. Vale a dire la possibilità di rottura di un timpano, embolia ed in casi estremi anche la morte. Il futuro subacqueo doveva saperlo e in maniera del tutto autonoma decidere se iscriversi ed effettuare il corso oppure no. Il concetto, anche se non paragonabile, deve essere questo per tutto. Perché dopo la visita ginecologica alla 19esima settimana, dopo aver riscontrato una placenta previa non si è approfondito la questione? Ho imparato sulla mia pelle, nel 2006, che il corpo umano quando ha qualcosa che non va ci dà dei segnali che noi non dovremmo sottovalutare e che i medici dovrebbero essere in grado di tradurli e trattarli. Quali altri segnali doveva dare il corpo di mia moglie? Nessuno, perché siamo arrivati troppo tardi.
Pochi giorni fa, a seguito della relazione della task force regionale sulla tragica vicenda, il commissario straordinario della ASL, Giovanni Gorgoni, ha disposto la redazione di un piano organizzativo delle azioni correttive, come richiesto dalla Regione Puglia.
Noi continueremo a seguire la vicenda. Una vicenda che non convince Giacomo e i suoi avvocati. Una storia che adesso è finita nelle mani della magistratura e sulle cui indagini già in corso, al momento, vige il massimo riserbo.