Il giornalista Romano Bianco, citato in giudizio da Giacomo Rosato, condannato dal Tribunale di Brindisi
FASANO – Giunge al termine, dopo un processo lungo 3 anni, la vicenda che ha visto protagonista Giacomo Rosato, candidato sindaco alle elezioni Amministrative della città di Fasano nel 2016. L’ex candidato sindaco ed ex consigliere comunale venne diffamato, secondo la sentenza di condanna in primo grado emessa proprio ieri dal Tribunale di Brindisi, dal giornalista fasanese Romano Bianco.
I fatti, in sostanza, sono questi. Nel corso della campagna elettorale ed a ridosso del ballottaggio del 2016, al quale partecipava lo stesso Giacomo Rosato come esponente del polo civico, sulla bacheca Facebook del giornalista comparvero immagini e commenti di carattere diffamatorio che “minarono la serenità del candidato – secondo la difesa di Rosato – e condizionarono l’esito della stessa competizione”, dalla quale uscì vittorioso il competitor Francesco Zaccaria, attuale sindaco di Fasano.
Il giornalista Romano Bianco, che pur risiedendo ormai a Roma da tempo ha avviato proprio a Fasano la sua professione, apostrofò Giacomo Rosato con termini come “ignorante” aggiungendo, nei post pubblicati, che il candidato “comprasse i voti”, arrivando addirittura a realizzare un logo identico alla sua attività professionale. Rosato, com’è noto, è responsabile dell’azienda “Banco Metalli Italiano”, che si occupa di acquisto di oro e argento: il logo riproposto da Romano Bianco, invece, venne deformato con la scritta “Brutto Mestiere Italiano”.
Fu in quel momento che Rosato decise di portare la questione nelle sedi opportune. La vicenda, ovviamente, venne sottoposta all’attenzione dell’autorità giudiziaria ed il giornalista venne così rinviato a giudizio per rispondere del reato previsto dall’articolo 595 del Codice Penale, nell’ipotesi aggravata dall’uso del noto social network, tramite il quale i messaggi diffamatori furono diffusi ad una vasta platea di lettori.
Nel giudizio, pertanto, si erano costituiti parte civile sia l’ex candidato, assistito dagli avvocati Ylenia Lorè e Giuseppe Palazzo, sia il Banco Metalli, difeso dall’avv. Gianmichele Pavone, e ieri – lunedì 22 luglio – la vicenda si è conclusa con la condanna dell’imputato, assistito dall’avv. Antonio Maria La Scala. La sentenza ha previsto il pagamento di mille euro di multa, il pagamento altresì delle spese processuali, dei danni subiti da entrambe le parti civili e delle spese legali dalle stesse sostenute per il giudizio. Il Tribunale di Brindisi infine, nella persona del dottor Francesco Cacucci, ha rimesso le parti dinanzi al Giudice civile per la quantificazione dei danni subiti dal Rosato.
Il giornalista in questione, prima di questa vicenda, era stato querelato per diffamazione anche dall’ex esponente locale del Partito Democratico, Loredana Legrottaglie. Il tutto si è concluso mesi fa.
Si chiude dunque una vicenda che, soprattutto con le nuove norme in tema di reati commessi a mezzo dei social network, ci insegna molto: ogni forma di diffamazione messa in atto con una semplice tastiera ed uno schermo, è punita dalla legge. E la legge, si sa, è uguale per tutti.