Solo un fasanese quest’anno si è iscritto all’esame di abilitazione. Le parole del penalista fasanese
FASANO – Si è molto discusso, negli ultimi giorni, del drastico calo degli iscritti all’esame di abilitazione per la professione forense. Basti pensare che alle prove che si stanno svolgendo in questi giorni presso i padiglioni della Fiera del Levante,a Bari, si sono presentati “solo” 297 aspiranti (dieci anni fa ammontavano a circa 1700) per la Corte d’Appello di Bari, mentre per la Corte d’Appello di Lecce sono solo 244 i candidati all’esercizio della professione (la metà rispetto a due anni fa). Il dato diventa ancora più significativo se si pensa che per Fasano il numero di aspiranti avvocati, all’esame di quest’anno, è pari ad uno. Un solo candidato per una popolazione di 40 mila abitanti.
Abbiamo deciso di intervistare l’avvocato penalista fasanese Mauro Blonda, del Foro di Brindisi, che quest’anno è stato nominato Presidente della III Sottocommissione d’esame. Con l’avvocato fasanese, in questa intervista, abbiamo provato a snocciolare i dati e ad affrontare la questione da un punto di vista diverso rispetto a quello meramente giornalistico ed informativo.
Avvocato Blonda, innanzitutto congratulazioni per l’incarico che le è stato affidato. Un incarico prestigioso per un appassionato giovane avvocato come lei ma che, stando ai dati, forse avrebbe preferito svolgere dieci anni fa. Quando la professione, insomma, risultava più “attrattiva”.
Vi ringrazio. Presiedere una delle Sottocommissioni esaminatrici è in effetti un incarico di prestigio che porta però con sé anche grosse responsabilità. Innanzitutto quella di contribuire in maniera determinante a decidere chi è pronto ad assumere il titolo di avvocato e chi invece non lo è, incidendo in questo modo in maniera diretta e importante sulla vita delle giovani e dei giovani dottori in legge che da anni si preparano per questo. Incidere con la consapevolezza che la bocciatura potrebbe anche farli desistere dal perseguire nella loro ambizione di esercitare la professione forense.
L’ambizione di diventare avvocati esiste ancora? Il complessivo numero degli aspiranti avvocati sembrerebbe negarlo.
Negli scorsi decenni c’è stata un’enorme crescita del numero degli avvocati: in 30 anni si è passati dai poco meno 47.000 avvocati del ’92 ai 240.000 del 2022. Un numero oggettivamente importante, specie se rapportato alla popolazione residente: nel 1992 c’erano meno di un avvocato per 1.000 abitanti mentre oggi, per ogni 1.000 persone, ci sono 4,1 avvocati. Questa costante crescita ha iniziato a rallentare una decina di anni fa ed oggi il trend è opposto: dal 2022 sono infatti più gli avvocati che smettono di esercitare di quelli che iniziano a farlo.
È quindi vero che da qualche anno c’è un costante allontanamento da questa professione: sempre più colleghi abbandonano la toga e sempre meno giovani cercano di indossarla.
Questi dati sono naturalmente nazionali: come vanno le cose a livello locale?
Sì, questi sono numeri tratti dall’ultimo rapporto Censis sull’avvocatura italiana.
A livello regionale contiamo poco più di 18.000 avvocati, un terzo dei quali esercita nella sola provincia di Bari. Nella provincia di Brindisi, invece, ci sono poco più di 1.500 avvocati. Possono sembrare pochi ma, in rapporto alla popolazione residente, il dato è di 4,1 avvocati per ogni 1.000 abitanti: perfettamente in linea, quindi, con il numero nazionale.
Non conosco infine nel dettaglio il numero degli avvocati che esercitano a Fasano, non essendoci statistiche ufficiali, ma mi consta che gli iscritti del nostro comune siano poco più di un centinaio. Un numero non elevato se rapportato alla popolazione (2,8 avvocati per ogni 1.000 abitanti: inferiore al dato provinciale e nazionale) e destinato a diminuire: quest’anno, che io sappia, c’è infatti un solo partecipante agli esami di abilitazione che esercita a Fasano.
Quali sono, a suo avviso, i motivi di questo allontanamento dalla professione di avvocato?
Il costante calo, iniziato all’inizio del 2010, ha molteplici ragioni, che andrebbero analizzate nel dettaglio e senza pregiudizi: si va dagli eccessivi costi di gestione agli esigui guadagni (di certo sempre meno proporzionali ai costi ed alle responsabilità); dalla costante crescita di un’intrinseca difficoltà professionale (penso alle continue, a volte frenetiche, riforme normative) alle crescenti ed allettanti proposte di lavoro che magari provengono dal pubblico impiego.
Prima di chiedersi se esista un preoccupante calo del numero degli avvocati andrebbe però compreso innanzitutto se non ce ne sia stato un eccessivo aumento negli anni scorsi, eccessivo rispetto alla capacità del mercato di sostenerne il numero.
Le condizioni economiche attuali credo francamente che non lo consentano.
Ecco, glielo chiediamo. C’è stato un eccessivo aumento negli anni scorsi?
Il dato numerico degli avvocati iscritti è da sempre dibattuto, tra chi ne sostiene l’eccessività e chi invece non crede che ciò costituisca un problema.
Senza entrare troppo nello specifico, credo che una risposta univoca non possa essere corretta: il numero degli avvocati, come quello di chi esercita una qualunque altra professione o attività imprenditoriale, può essere ritenuto eccessivo o meno a seconda della richiesta che il mercato ne fa ed a seconda della possibilità che in ogni caso il mercato abbia di assorbirla: se il numero del contenzioso, penale, civile o amministrativo che sia, e la remunerazione che ne deriva consentono e giustificano l’elevata presenza numerica di avvocati, allora la risposta è facilmente orientata verso il sì. Ma da anni, in franchezza, il contenzioso è per diverse ragioni parecchio calato.
Il boom degli scorsi anni può quindi essere stato viziato da un’inconsapevole erronea fiducia sulle prospettive di lavoro (e di guadagno) che oggi appaiono meno rosee e che, complici le altre ragioni che ho accennato, inducono quindi a rivedere la scelta di quanti, nei recenti anni, si erano affacciati a questa professione sperando in una realtà diversa da quella che in effetti hanno poi conosciuto.
Non so quindi dire se gli avvocati siano troppi, ma sicuramente siamo diventati tanti.
Cosa sente di consigliare a quei giovani ragazzi che desidererebbero approcciarsi allo studio della materia forense?
Di crederci.
Il mercato è in fermento, come confermano le cifre di cui stiamo discutendo: il drastico calo del numero di iscritti agli esami di abilitazione, sommato a quello, crescente, delle cancellazioni (superiore, da due anni a questa parte, a quello delle nuove iscrizioni), comporterà inevitabilmente una crescente diminuzione del numero di avvocati. E questa diminuzione, che si avvertirà già nel breve periodo, sarà a mio avviso sensibilmente più tangibile tra una decina di anni.
In quest’ottica ritengo non sia quindi sbagliato affacciarsi oggi agli studi in giurisprudenza con positività ed ottimismo, diversamente da quanto si potesse fare 15 anni fa, quando il numero degli avvocati era pari alla metà dell’attuale ma la prospettiva per il futuro era di ritrovarsi nell’odierna situazione di saturazione del mercato. Mentre oggi si può avere una prospettiva opposta e, ripeto, è verosimile ritenere che tra 15 anni la domanda di avvocati potrebbe essere intercettata da molti meno iscritti di quanti non ce ne siano oggi.
Consiglierei quindi di crederci, ma con la consapevolezza che la professione di avvocato è un vero e proprio ministero: si può essere avvocati se si crede nel diritto, nella giustizia; si può esercitare questa professione solo se si è disposti a sacrificarsi perché vengano quotidianamente affermati questi valori, questi princìpi su cui si fonda la nostra società civile.