
Venerdì la presentazione del libro storico scritto da Giovanni De Luna e Linda Giuva
FASANO – Si è svolta nel pomeriggio di venerdì 14 marzo, nella Biblioteca di Comunità “Ignazio Ciaia” presso i Portici di Fasano, la presentazione del libro “Un monumento di carta – La segreteria particolare del Duce 1922-1943” scritto da Giovanni De Luna e Linda Giuva.
L’evento, organizzato dall’IISS “Leonardo da Vinci” in collaborazione con i Presidi del Libro, è stato introdotto dai saluti istituzionali del sindaco Francesco Zaccaria e del dirigente scolastico Vita Ventrella, i quali hanno poi lasciato spazio al dialogo tra la giornalista Maddalena Tulanti e l’autrice Linda Giuva, prof.ssa di Archivistica all’Università “La Sapienza” di Roma.
L’opera parte dall’arresto di Benito Mussolini il 25 luglio 1943, che avvia la scoperta di un corposo carteggio tra la segreteria particolare del Duce, con lo stesso dittatore attivamente coinvolto, e numerosissimi italiani, tra cui tante donne. Si delineacosì uno spaccato della macchina del consenso da un lato, figlio della propaganda del regime, ma anche e soprattutto delle sofferenze del popolo, che in queste lettere racconta le proprie difficoltà e le proprie tragedie, economiche, sociali e familiari, sempre speranzoso in un contributo, in una raccomandazione, in un intervento risolutivo o perlomeno in una parola di conforto da parte dell’allora Presidente del Consiglio.
Direttamente coinvolti nell’appuntamento sono stati anche alcune studentesse ed alcuni studenti del “da Vinci”, intervenuti con una serie di domande e di contributi nel corso della presentazione, che hanno fatto emergere, da parte dell’autrice che a lungo ha lavorato per questo testo negli Archivi di Stato, la passione che caratterizza il lavoro dello storico.
Proprio l’attento ed eccellente impegno messo a frutto dei due scrittori, è stato fondamentale per attestare come questo ricco epistolario sia stato determinante nel consolidare il mito di Benito Mussolini, l’uomo di umili origini sempre ben disposto nei confronti della sua gente, evidenziando però al contempo un’Italia, quella del Ventennio, lungi dall’essere un’oasi felice.