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La scrittrice e attivista per i diritti umani ha presentato nella Biblioteca di Comunità il suo romanzo “La notte sopra Teheran”
FASANO – Prosegue la rassegna letteraria “Pòr-ti-ci”, evento promosso dall’assessorato alla Cultura con il prezioso supporto del Presidio del Libro locale.
Ospite ieri (22 febbraio), presso la Biblioteca di Comunità “I Portici” I. Ciaia, Pegah Moshir Pour, che ha presentato il suo romanzo La notte sopra Teheran (Garzanti).
Dopo i saluti istituzionali di Ketty Loconte e del sindaco Francesco Zaccaria, a intervistare la scrittrice e attivista iraniana è stata Cinzia Caroli.
«Ho vissuto con imbarazzo e vergogna quello che ti è accaduto durante i primi tempi di integrazione qui in Italia» ha confessato l’assessore.
Il romanzo – genere scelto per tutelare in qualche modo le vere identità dei personaggi – comincia con la nascita dell’autrice.
«Mi dispiace, è una femmina» è la frase, emblematica, riferita al neo papà quel giorno.
«Sono stata fortunata però – chiosa la Moshir Pour – ad avere un padre femminista, che mi ha volutamente chiamata Pegah, “Aurora”».
L’autrice ha così raccontato della difficile situazione iraniana del 1979 e della resilienza del suo popolo nel combattere il regime con ogni mezzo, corpo compreso.
Le donne, dal canto loro, hanno scelto come strumento di emancipazione lo studio. Donna, vita, libertà è il loro grido di battaglia.
Quella da attivista, Pegah la comincia all’età di 15 anni, quando scopre di non essere cittadina italiana, avendo i genitori deciso sei anni prima di trasferirsi a Potenza.
«Ero arrabbiata con loro per avermi strappato alla mia vita. Col tempo ho capito che dono immenso mi hanno invece fatto».
Ai genitori è infatti dedicato il libro, un modo per chiedere scusa.
L’autrice ha poi proseguito raccontando quanto sia stata difficile l’integrazione.
Un dramma che si trasforma in piccola felicità dopo aver vinto un concorso di recitazione di poesie in vernacolo, per poi ridiventare dramma. Siamo nel settembre del 2001 e lei per tutti è la terrorista.
Poi nel 2016, Pegah scopre una definizione che fa subito sua: donna di terza cultura.
«Io sono la fusione di due culture, al 100% iraniana e al 100% italiana» ha dichiarato orgogliosa.
Quell’esperienza di non poter partecipare alla gita scolastica a Londra l’ha resa fortemente europeista, cullando il sogno degli Stati Uniti d’Europa.
Solo con l’unione degli intenti si possono combattere e forse sconfiggere i regimi totalitari.
E chissà, magari nutrire la speranza che dopo la buia notte, sopra Teheran spunti una nuova Aurora.
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