L’ultimo lavoro della Compagnia Colpo di maschera è andato in scena al Teatro Sociale di Fasano dal 2 al 4 marzo con ottimi riscontri e grande curiosità da parte del pubblico
FASANO – Nonostante il crescente allarmismo dovuto agli ultimi sviluppi della situazione Covid-19 e un Teatro Sociale non al completo, la Compagnia Colpo di Maschera ha portato in scena per tre sere consecutive la pièce dell’autore campano Roberto Russo, in un atto unico di circa 65 minuti, riscuotendo ottimi consensi da parte del pubblico chiamato a ricoprire il ruolo di giuria popolare.
Lo spettacolo – dal titolo “La Costruzione” – ha riproposto il Caso De Barbieri, ovvero un processo datato 1884 e ha visto il ritorno sulla scena fasanese di Michele Savoia.
A dirigerlo, ancora una volta, Mimmo Capozzi, lo stesso regista che nel 2007 ha tenuto a battesimo in Tutta colpa del doganiere, l’esilarante vaudeville messo in scena dal “G.A.T. P. Mancini”, nel quale Savoia interpretava il buffo La Pigna. A dividere la scena con Michele Savoia nei panni di Luigi De Barbieri, due apprezzati interpreti pugliesi, Sante Schiavone e Annalisa Milanese, rispettivamente il Consigliere di Cassazione Parini e la testimone Antonietta Lanza, personaggi che diedero vita alla vicenda giudiziaria.
Come spiegato dal regista fasanese – che intende partecipare con lo stesso spettacolo a rassegne teatrali e festival nazionali – l’obiettivo era quello di ridiscutere la sentenza che la Cassazione di Torino ha emesso in data 28 febbraio 1884, riproponendo quanto avvenuto a una nuova giuria popolare su un caso che fin dal suo instaurarsi in I grado e poi in Appello aveva suscitato parecchio scalpore: «È un teatro che dialoga con lo spettatore, non soltanto perché coinvolto direttamente in qualità di giurato, ma soprattutto per la forza insita in questa commedia di ‘parola’ che sviscera lo scontro dialettico, emotivo e politico tra posizioni inconciliabili sulla ‘libertà’. Sul piatto della bilancia non v’è solo la colpevolezza o l’innocenza dell’imputato De Barbieri, ma una profonda riflessione sull’eterno contrasto tra ordine e caos, disciplina e anarchia.»
Quello che il pubblico é chiamato a fare é giudicare, atto che risulta molto semplice con gli altri, meno che con sè stessi. Probabilmente risiede proprio lì il bisogno o meno di essere fuori “la costruzione”, che differisce da “costrizione” per una sola lettera. Fuori da tutto quello che la morale, la legge, la religione o proprio il giudizio altrui considera dentro, lecito e giusto. Innocenti o colpevoli? Lo spettacolo di Mimmo Capozzi ci ha fatto scegliere da che parte stare, mentre dentro di noi si consumava un processo molto più severo: cercare di capire quanto alla fine siamo davvero liberi di decidere. Cosa essere. E nel frattempo abbiamo già dimenticato se vogliamo giudicare l’imputato innocente o colpevole.