La saggista milanese ha presentato a Fasano il suo ultimo libro, “Alla fonte delle parole”
FASANO – Per la terza volta torna a Fasano la saggista e scrittrice di origini milanesi Andrea Marcolongo, che ha presentato il suo ultimo libro “Alla fonte delle parole” ieri (27 gennaio) ospite del Presidio del Libro locale. A fare gli onori di casa la referente Annamaria Toma, mentre a intervistare l’autrice è stata la giovane studentessa Marzia Perrini.
Il libro nasce da una riflessione, un paradosso se vogliamo: da una parte l’ipertrofismo delle parole nuove, i neologismi che entrano nel vocabolario della nostra lingua, dall’altra l’impressione che spesso manchino le parole per esprimere quello che si vuol dire. Ed ecco l’esigenza di affrontare parole (novantanove, ricostruendo il loro “viaggio”, cioè quello che le ha portate ad assumere il significato odierno), «catalogate per il colore che le contraddistingue; il riferimento è ai colori greci, che sono fatti di luce così come le parole sgorgano appena vengono dette».
Fondamentale quindi il concetto che noi dobbiamo essere giardinieri del linguaggio, coltivarlo con estrema cura. Non a caso viene citato il libro Dans le jardin des mots di Jacqueline de Romilly, docente di Greco antico a l’Ècole normale supérieure di Parigi e alla Sorbona e che per un’intera vita si è dedicata alle etimologie.
Tra le parole scelte dalla Marcolongo ci sono “caos”, che apre la sequenza e “linguaggio” che la chiude. Ma anche “migrante” che deriva da “scambio”, “spostamento”, così come la lingua che migra: nuovi idiomi che passano da una lingua all’altra o vengono presi in prestito. Come è accaduto per esempio alla parola “psiche”. Oppure “bizzarria” che deriva da un’onomatopea romanza e che non vuole dire stravagante.
La saggista ha inoltre sottolineato come non esistano parole “pericolose” da usare, pur riconoscendone il grande potere che esse possono avere. «Quello che più mi preoccupa invece è che alcune cose vengano messe in discussione» ha affermato la Marcolongo. «Mi piacerebbe cambiare il luogo comune, che diventa alibi per non agire. Quando non ci sono parole per, beh, allora è meglio il silenzio».
In chiusura sollecitata a rivelare l’etimo a cui è più legata, Marcolongo ha detto: «Credo che l’etimo più adatto a questa serata è sicuramente “grazie”. Grazie per avermi ascoltata».