
Ieri in scena il saggio del terzo anno del gruppo adulti di “Officine Futura”, che sul palco ha portato l’opera di Stefano Benni
FASANO – Siamo Beatrici, non una ma cento. E siamo troppo? Per chi?
Si è svolto ieri il saggio finale del gruppo adulti (3° anno) della “FuTUra Academy”, il progetto dell’associazione SenzaConfine di Teresa Cecere e David Marzi che quest’anno vede una ricca produzione (siamo al settimo saggio).
Il saggio ha visto in scena sette donne con i monologhi tratti da “Le Beatrici” di Stefano Benni, con la regia di Teresa Cecere e la co-regia di David Marzi per l’ultimo, inedito, monologo. Lo spettacolo è una raccolta di monologhi femminili spiazzanti, ironici, cupi, a volte graffianti, accompagnati dalle musiche di Chiara Latartara e Giulia Alò, coordinate da Mariateresa Maggi.
Dalla Beatrice “classica” di Dante Alighieri, figura disillusa e sprezzante nei confronti di chi la vorrebbe solo bella e angelicata, lo spettacolo analizza le figure di sette donne, rivelando la condizione femminile in tutte le sue sfaccettature. mescolando comicità e dramma, poesia e realtà con una spiazzante e straordinaria coerenza.
C’è Filomena, la suora volgare che viene percepita come possessa dal demonio, lei che ha avuto la sfortuna di non diventare ballerina. Ma anche la manager spietata, simbolo del capitalismo più aggressivo, che ha trovato il modo di eliminare gli esuberi. Ed ancora la vecchia amica al telefonino, in un dialogo intriso di pettegolezzi, noie e rapporti superficiali. C’è poi una poetessa che mescola il dolore alla dolcezza dei versi, racconta l’ipocrisia del mondo che la circonda, e la donna che aspetta qualcosa – o qualcuno -, un’attesa che la logora e la porta all’ansia e alla prigione, prima verbale e poi fisica. Infine una donna che, a partire da un singolo ombrello, fa partire un flusso di coscienza su come degli oggetti possano evocare dei ricordi andati.
Un caleidoscopio di voci che ha offerto al pubblico del Sociale uno spaccato del mondo femminile per nulla banale, dove le donne non stanno all’angolo, ma alzano la voce, e si fanno finalmente sentire.
Fotoservizio di Francesco Schiavone.











