Il 27 gennaio scorso la locale Università ha celebrato la XI edizione della Giornata Internazionale della Memoria
FASANO – L’Università del Tempo Libero “San Francesco d’Assisi” ha ricordato, lo scorso 27 gennaio, nella propria Sala Convegni, l’orrore del genocidio degli Ebrei, il più grave dei crimini contro l’umanità.
“Shoah… per non dimenticare. Pillole di Storia, Parole, Testimonianze, Poesia e Musica… Sulle ali della Speranza in un mondo Pacifico, Inclusivo, Libero”: questa la tematica trattata su intrecci di eventi realmente accaduti e sul sogno utopico di un futuro Mondo di Pace.
La manifestazione, preparata in maniera certosina e puntuale da Palmina Cannone e da Rosa Trisciuzzi dell’associazione Musicando, dopo un accurato lavoro di ricerca, ha regalato ai presenti momenti pregni di emozioni pure. Sulle note di “Nessun dorma”, due socie dell’UTL, Giovanna Acquaviva e Adele Galiulo, sono entrate in sala, recando nelle mani rispettivamente la bandiera della Pace e quella italiana.
La prima è stata consegnata alla presidente dell’UTL, che l’ha adagiata su una colonna, e l’altra è stata data al Coro, che ha intonato l’Inno nazionale “Fratelli d’Italia”, coinvolgendo i presenti. È iniziato, in tal modo, un percorso, condotto da Palmina Cannone, partito da un passato più recente, con la lettura e il commento dell’art. 11 della Costituzione italiana, che così recita: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli… e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.
Eppure, il 12 novembre 2003 – ha proseguito Palmina – “la morte arriva con un forte boato…la Pace viene uccisa a Nassiria: due palazzine in cui risiedono i carabinieri e i militari del contingente italiano che fa parte dell’operazione di pace Antica Babilonia vengono sventrate da un kamikaze. Un camion cisterna pieno di esplosivi scoppia davanti la base militare, provocando la distruzione del deposito di munizioni della base. Muoiono 12 carabinieri, 5 soldati dell’esercito e 2 civili italiani: 19 in tutto. La loro colpa? Portare la Pace laddove regna la guerra. Muoiono anche 9 iracheni. Un ignobile e barbaro atto di terrorismo colpisce questi italiani e militari che rappresentano l’Italia in una operazione di Pace per aiutare gli iracheni nella difficile strada verso la Pace, l’Ordine, la Sicurezza, la Democrazia”.
A questo punto il Coro dell’UTL, diretto da Rosa Trisciuzzi, si è esibito in “Eravamo in 19”, musica e testo di Matteo Tarantino. Dopo il canto, 19 socie, rappresentando idealmente le mogli, le figlie, le madri, le sorelle di quei coraggiosi fratelli, si sono alzate e avvicinate a un tavolo coperto da un drappo rosso e una Croce, allestito dalla consigliera Giovanna Acquaviva, e ad alta voce hanno evocato i nomi dei caduti, adagiando una gerbera rossa, simbolo di amore profondo.
Sono figure presenti nella nostra memoria insieme a tutti i morti della Shoah e di tutte le inutili guerre. “Eppure Primo Levi, sopravvissuto ai lager, ci aveva ammoniti – riprende Palmina Cannone – in Se questo è un uomo”.
Dal 30 gennaio 1933, giorno in cui il presidente della Repubblica tedesca Von Hinderburg nomina Cancelliere Hitler e praticamente consegna il potere a lui e al suo partito il Nazismo, si giunge al 1938, al 14 luglio, quando in Italia il regime fascista, con a capo Benito Mussolini, pubblica il manifesto della razza. Il punto 9 recitava: “Gli ebrei non sono di razza italiana”, quindi sono esclusi dalla vita sociale del paese, gli insegnanti e gli alunni ebrei espulsi dalle scuole. Dopo l’armistizio dell’8 settembre, il 13 dicembre 1943, inizia anche per gli ebrei italiani il periodo di deportazione e sterminio.
Per fortuna, come è accaduto e accade spesso, nell’orrore della guerra sboccia il fiore della fratellanza umana, e il nemico presta soccorso a chi sta dall’altra parte della barricata. Ed ecco l’altro canto del compositore Eros Sciorilli, “La riva bianca e la riva nera”.
Nel 1940 viene creato il campo di concentramento e sterminio di Auschwiz-Birkenau, dal 1979 Patrimonio Unesco, in cui morirono un milione e centomila persone. La socia poetessa Natalizia Pinto ha recitato per l’occasione la poesia “Auschwitz” di Salvatore Quasimodo, e lo ha fatto con una tale intensità emotiva che il messaggio del poeta giunge dritto al cuore dei presenti, visibilmente commossi.La poesia è il simbolo della tragedia umana. Quasimodo denuncia tutti, nessuno escluso, neppure se stesso. È uno dei più importanti manifesti del ‘900 contro l’antisemitismo, il razzismo, la barbarie, la violenza, il fondamentalismo. I versi invitano i presenti a prendere una posizione netta contro coloro che si macchiano di violenza contro il prossimo. È una poesia che si stacca dall’ermetismo e diviene neorealista, ovvero il principio poetico diventa impegno sociale col denunciare i mali della umanità. Fu scritta pochi anni dopo la rivelazione dell’orrore dei campi di sterminio nazisti. Il monito che Quasimodo lancia chiaro e forte è “Non deve mai più accadere!”.
La poesia è un fiotto di dolore e rabbia. Sembra quasi di vedere le scene di migliaia di donne ammassate nelle baracche e spinte verso la morte per fucilazione o per asfissia. Le bocche delle donne sono scheletrite per i patimenti subiti. Sembra di sentire le loro urla, di vedere quei corpi.
Sono trascorsi 80 anni dal 27 gennaio 1945, quando l’esercito sovietico entrò nel campo di Concentramento di Auschwiz per liberare 7.000 uomini ancora detenuti. Sulle note della canzone “Libertà” di Albano, in sala viene pronunciato un numero: 52117.
Corrisponde al fasanese Clemente Musa, all’epoca 22 enne, internato in un capo di concentramento per due anni. Con la vittoria degli Alleati, i prigionieri, incluso Clemente, rientrarono tra mille difficoltà nei loro paesi di origine. Anche Clemente ritorna a Fasano.
La serata si è infine conclusa con la “Vita è bella” di Piovani, interpretata superlativamente dal Coro dell’UTL.